La filosofa presenterà il suo libro “I miei occhi hanno visto” (Ed. il Margine), scritto insieme a Francesco Comina e Luca Bizzarri.
La grande filosofa ungherese, Agnes Heller, una delle più importanti e autorevoli voci del pensiero contemporaneo e una testimone del Novecento, sarà a Pistoia mercoledì 5 settembre, alle ore 21 al convento dei Domenicani in piazza Garibaldi per presentare il libro nato da una lunga conversazione fra la filosofa ungherese sopravvissuta all’olocausto e il giornalista Francesco Comina con il giurista Luca Bizzarri.
Durante l’incontro, oltre all’intervento della Heller, ci saranno riflessioni dei due co-autori e degli organizzatori.
La tappa di Pistoia è una fra le tappe di un lungo tour italiano che inizia da Trento l’1 settembre e si conclude a Bologna il 10.
Da marxista a liberal-democratica, dissidente ed esiliata, la Heller affronta la sua straordinaria avventura attraverso il secolo dei totalitarismi e delle utopie. Il padre, anarchico e scrittore morto ad Auschwitz. L’ingresso a 15 anni nel ghetto e la forza dell’ottimismo per tirare avanti. L’evento malefico e sovrastorico di Auschwitz. Il cratere di Hiroshima. Il maestro indimenticato, György Lukács. La scuola di Budapest. La teoria dei bisogni nella società insoddisfatta. E poi l’abbandono dell’Ungheria nel 1978, l’Australia e New York. Gli aneddoti con gli amici di una vita, da Deridda ad Habermas, da Rorty a Kolakowski, da Fromm ad Adorno, da Lévinas a Goldmann. E dopo la caduta del Muro e la fine del comunismo, il ritorno a Budapest, cuore inquieto dell’Europa, attraversato da sussulti neonazionalisti.
Il libro inizia con un canto all’Italia, Paese dove la Heller, maturò la sua libertà di pensiero: «Fu il mio primo viaggio in Occidente. Nelle vie, nelle chiese, nelle case, nei palazzi di Firenze ho incontrato un sogno, o meglio, ho incontrato il mio sogno di un mondo adeguato all’uomo». Così Ágnes Heller, nata in una famiglia ebrea di Budapest nel 1929, ricorda il suo primo viaggio in Italia e questo rappresenta il momento iniziale a partire dal quale si dipana la storia di una donna le cui vicende personali hanno segnato nel bene e nel male l’incedere di un secolo, il Novecento».
Agnes Heller (Budapest 1929)
Filosofa ungherese, nata nel 1929, Agnes Heller è uno dei più autorevoli interpreti della complessità filosofica e storica della modernità. Sfuggita adolescente alle deportazioni naziste, diviene allieva e amica del filosofo György Lukács, e ne condivide i tormentati rapporti con il partito comunista successivo alla rivolta del ’56. Durante il regime di Kádár, Heller viene progressivamente privata della possibilità di insegnare, di viaggiare all’estero e di pubblicare i suoi libri. Le vicende della “Scuola di Budapest” (composta anche, tra gli altri, da Mihály Vajda e György Márkus) vengono rese note all’opinione pubblica occidentale dalla lettera di Lukács al Times Literary Supplement del 1973. Nel ’77 Heller lascia infine l’Ungheria per l’Australia, e quindi per New York, ove insegna tutt’ora presso la New School. A seguito della caduta del Muro, Heller ha fatto ritorno in Ungheria, pur non rinunciando al suo insegnamento in America.
Il pensiero di Heller si inserisce in un primo tempo nella linea di interpretazione lukacsiana del pensiero di Marx, analizzandone il nesso tra bisogni e valori. In seguito al trasferimento in Occidente, la filosofa ungherese concepisce tre grandi progetti: una filosofia della Storia, una teoria dei Sentimenti e una teoria della Morale. In tal modo, essa si iscrive all’interno del dibattito etico-politico contemporaneo: dalla discussione sulle contemporanee teorie di giustizia all’analisi storica della posizione degli Stati dell’Est europeo; dall’interpretazione della posizione sociale e morale dell’individuo nel mondo post-moderno, alla teoria del bello artistico e in particolar modo letterario (Shakespeare).
La filosofia di Heller si presenta, nella sua straordinaria varietà, come una ricerca intorno a un nucleo fondamentale: la ricchezza dell’uomo, del suo sentire, del suo produrre e soprattutto del suo agire politico e morale, delle sue modalità e condizioni di perfezionamento, verso l’incarnazione utopica contemporanea di quell’ideale di uomo ricco in bisogni, produttore di bellezza artistica, bontà pratica e giustizia politica.