“Non è povera voce di un uomo che non c’ è, la nostra voce canta con un perché”. La voce dei diecimila presenti risuonò commossa nel Duomo di Milano il 24 febbraio 2005, a conclusione dei funerali di don Luigi Giussani (di seguito: il Gius) , fondatore di Comunione e Liberazione, celebrati dall’ allora Cardinal Joseph Ratzinger. Ora, a sette anni di distanza, mentre sta per iniziare il processo di beatificazione del prete carismatico, la voce che risuona pubblicamente è quella delle due guide spirituali attualmente più importanti per il movimento: il Cardinale Angelo Scola, neo-arcivescovo di Milano – va da sé che il Cardinale, cresciuto col Gius e per questo motivo ordinato prete lontano dalla diocesi di Milano, ritornatovi da sommo pastore, oggi rappresenta ben più di Cl – , e don Juliàn Carròn, il prete spagnolo di 62 anni successore del Gius. Entrambi, nell’ arco di un mese, sono stati intervistati dal Corriere della Sera (Scola il 23 dicembre, Carròn il 16 gennaio) e nelle due interviste, raccolte dallo stesso giornalista, Aldo Cazzullo, hanno ripetuto le medesime affermazioni. Segno di una strategia concordata? Credo di sì, la loro voce canta con un perché.
Cl come l’Ac?
Sia Scola sia Carròn spingono per un chiaro riposizionamento del movimento. Cl è educazione (Scola: “Credo che Cl sia un fenomeno educativo ecclesiale formidabile, in cui ha primaria importanza la trasmissione tra le generazioni di una modalità persuasiva e vitale di essere cristiani ” ; Carròn : “Siamo una realtà educativa, con tantissimi ragazzi che, affascinati dall’ incontro cristiano, hanno scelto di rischiare…”) che non deve essere mischiata con la politica (Scola:
“Gli uomini che si sono giocati in politica portano lì la loro faccia e su questa base sono stati e saranno valutati dai cittadini.” ; Carròn: “Non esistono candidati di Cl, non esistono politici di Cl. Questa cosa, prima si chiarisce, meglio è.”) . Queste parole son musica per le mie orecchie. Sento quarant’ anni dopo quelle distinzioni introdotte nella Chiesa italiana post-conciliare dall’ Azione Cattolica ai tempi del nuovo Statuto del 1969 e della cosiddetta scelta religiosa (o educativa, tutti e due i termini erano usati dai dirigenti di allora per spiegare la svolta epocale). Ma non fu proprio l’ accesa contrarietà a quelle scelte da parte del Gius il motivo principale della ferma decisione del Card. Colombo di sancire nel 1971 la fine del percorso unitario dell’ associazionismo cattolico ambrosiano, fine che portò alla nascita ufficiale di Comunione e Liberazione? Carròn era allora un seminarista spagnolo che non aveva ancora incontrato il movimento e quindi non può ricordare quei tempi. Ma chi come me è intorno alla cinquantina ed è cresciuto nella diocesi di Milano non può dimenticare cosa ne seguì, la dura, rovente contrapposizione tra Cl e Ac protrattasi per un ventennio e (soc)chiusa per sfinimento reciproco: le parole di fuoco che volarono durante le assemblee ecclesiali, le liste divise nelle scuole e nelle università, i furibondi attacchi del giornale fondamentalista Il Sabato (dove scrivevano, tra gli altri, la penna delicata di Alessandro Sallusti e il futuro spione Renato Farina alias Betulla mentre Maurizio Lupi era l’ addetto al marketing) alla presidenza Monticone e alla memoria del professor Giuseppe Lazzati, che innestò anche un processo davanti il tribunale ecclesiastico di Milano, le critiche feroci alla Presidenza della Cei per l’ impostazione data ai convegni ecclesiali di Roma e di Loreto. E ora che succede? Cl sta diventando come l’ Ac? E quarant’ anni dopo sarà di nuovo un Cardinale di Milano a sanare la frattura del 1971 e a promuovere la riunificazione del laicato cattolico? Chissà cosa si sta decidendo lassù nelle alte sfere del cattolicesimo italiano, intanto, a me che son quaggiù nella bruma padana, par di capir questo: Cl sta tentando di staccarsi da Cl. Non è la prima volta. E già successo esattamente vent’ anni fa, con la chiusura del Movimento popolare.
Il popolo canta la sua liberazione
Ve lo ricordate l’ Emmepì, e la canzone – inno di Claudio Chieffo, “Il cantastorie ha cominciato a raccontare, il tessitore ha cominciato a dipanare … il popolo canta la sua liberazione…”?
Fin dall’ inizio Cl si impone per la sua proposta fin troppo integrale, che non accetta le distinzioni conciliari tra fede e impegno politico. Da questo punto di vita il Gius ripropone, anzi indurisce lo schema tradizionale della cristianità lombarda. Non a caso, il giorno successivo alla sua morte, La Croix che è il giornale ufficiale della Chiesa cattolica in Francia, come lo è Avvenire in Italia scrisse che “incarnò l’ integralismo”. Per Cl esperienza ecclesiale e esperienza sociale e politica sono le due facce della medesima medaglia. Da una parte il libretto delle ore jaca book, dall’ altra i volantinaggi davanti alle scuole. Da una parte la scuola di comunità, dall’ altra la CUSL (Cooperativa Universitaria Studio e Lavoro). Se sei di Cl, sei sempre di Cl, nessun indebolimento dell’ identità è ammesso. Ho fatto il liceo a Desio, nella patria del Gius, compagno di classe per cinque anni del nipote del Gius, e lì nessuno mi ha mai detto: non esistono candidati di Cl, perché l’ impostazione era esattamente quella contraria: votalo perché è del movimento. Così è sempre successo, prima, nelle scuole, e poi, dal novembre 1975, con la nascita del Movimento Popolare, in politica. Mp non si è mai presentato formalmente come Cl, ma nessun ciellino ha mai fatto esperienza politica fuori da Mp. E non conosco nessun militante ciellino che abbia votato candidati diversi da quelli sponsorizzati da Mp.
Il leader politico indiscusso è sempre stato lui, il barbuto di bella presenza che vien da Lecco, Roberto Formigoni, il novello Parsifal – “Parsifal, Parsifal non ti fermare, non fermarti alla corte delle anime nane…”, parole e testo del solito Chieffo -. Aspetta fino al 1984 a scendere direttamente in campo ma quando lo fa è subito boom.Viene eletto al Parlamento Europeo con il record delle preferenze. Nel 1987 entra anche nel Parlamento italiano. Nel 1989 bissa il successo alle Europee. Ovunque si candidi sono tonnellate di preferenze. In effetti il Movimento dà il meglio di sé durante le campagne elettorali trasformandosi in una straordinaria macchina da guerra. Il meccanismo delle preferenze multiple permette di eleggere i ciellini doc e di volta in volta i candidati giudicati affini. Il tutto è perfettamente oliato. A mia memoria, si inceppa solo una volta, nelle elezioni politiche del 1987, nel collegio Milano Pavia. Per sostenere Franco Piga, potente andreottiano, ex Presidente della Consob, restano esclusi i doc Alberto Garocchio e Vincenzino La Russa (fratello maggiore del più famoso Ignazio). Poco male: si rimedia alle successive elezioni amministrative sistemando i due a Palazzo Marino.
Mp, che fin dal suo inizio piazza uomini da tutte le parti (ad esempio, nelle elezioni politiche del 1976, elegge in Parlamento, collegio Genova Savona Imperia La Spezia, tale Marco Mazarino De Petro… chi è costui? Lo ritroviamo trent’ anni più tardi condannato per le tangenti degli affari petroliferi “Oil for food” con Saddam), cresce prepotentemente negli anni Ottanta scegliendo come nume tutelare Giulio Andreotti e alleandosi con i pezzi più compromessi della Dc. Poi, con lo scoppio di Tangentopoli, la triste fine. A Milano i candidati eletti alle Regionali – Antonio Simone, Luigi Martinelli, Vigilio Sironi vanno tutte e tre in galera e vengono condannati; a Roma finisce davanti ai giudici il gruppo della Cascina, guidato da Marco Bucarelli e dal prete milanese don Giacomo Tantardini e legato a doppio filo con lo squalo Sbardella. Cl allora decide di staccarsi da Cl. Il presidente del Mp in quel momento è Giancarlo Cesana, il laico più importante nella gerarchia ecclesiale ciellina, attuale presidente della Fondazione Policlinico di Milano. Cesana, nel dicembre 93, chiama i giornalisti e dichiara ufficialmente chiusa l’ esperienza. La presenza si riorganizza, sul versante sociale e economico, attraverso la Compagnia delle Opere e, sul versante politico, direttamente attorno a Formigoni.
Roberto, uno di noi
Roberto e i suoi amici (questa è la formula inizialmente adottata che si è poi trasformata in una sigla, Rete Italia) scelgono Forza Italia e ottengono da Silvio la guida della Regione Lombardia. Roberto, uno di noi (questo è lo slogan dell’ ultima campagna elettorale) attira come il miele tutte le presenze cielline di tutti i settori della vita civile e economica. Vengono anche da fuori: da Rimini giunge Nicola Sanese, già deputato per cinque legislature, a cui viene affidato il ruolo strategico di segretario generale della Regione, e da Cesena Romano Colozzi, a cui tocca il posto altrettanto cruciale di assessore al bilancio. A questo mondo così compatto che assomiglia quasi a una setta si agganciano tanti altri soggetti economici e imprenditori, specie nel settore doro della sanità. Due nomi per tutti: il San Raffaele di don Verzè che in questi anni si è avvalso ampiamente dei servigi di Pierangelo Daccò, amico di barca di Roberto, finito in carcere nell’ inchiesta sulla bancarotta dell’ ospedale – e quello del nuovo acquirente del San Raffaele, Giuseppe Rotelli, che, regnante Roberto, espande notevolmente i volumi del suo gruppo ospedaliero San Donato: possiede 17 ospedali in Lombardia e 1 in Emilia, e con il San Raffaele diventerà il primo operatore privato italiano nel settore della sanità. Arrivano pure frotte di faccendieri e affaristi e malavitosi. Negli ultimi 10 anni è un ‘escalation di inchieste giudiziarie: nell’ ultima, che ha portato all’ arresto di Massimo Ponzoni, ex assessore regionale pupillo del Presidente, e di Antonino Brambilla, ciellino della prima ora, vicepresidente della Provincia di Monza (Brambilla è la terza volta che va in prigione negli ultimi vent’ anni e sempre per gli stessi motivi!), compaiono addirittura i voti e le pressioni dell’ ‘ndrangheta. Ma Roberto non fa un plissé. Continua a negare l’ esistenza di una questione morale. Denuncia un complotto della sinistra. Insiste a battere il mea culpa sul petto degli altri (voi di sinistra avete Penati!). Non smette di coltivare sogni di gloria (vuole le primarie nel Pdl per battere Alfano e succedere a Silvio). Cambia a ripetizione giacche e scarpe. Fa la diva pazzerella. A 65 anni è uno spot vivente allo jogging e alle creme antirughe. Da Parsifal a Dorian Gray, chi l’ avrebbe mai detto?
Regnavit a ligno
Credo che non serva aspettare altri interventi della magistratura per capire che il mondo politico formigoniano ha ormai preso una deriva che ripropone, in grande, tutte le caratteristiche negative dell’ ultima fase di vita del Movimento popolare. Quindi si può ben capire la strategia preoccupata delle guide spirituali del movimento. Cl riuscirà a staccarsi di nuovo da Cl? Forse sì, forse no. Questa volta la metastasi è molto più estesa che vent’ anni fa e minaccia l’ intero organismo. L’ esito felice non è per nulla garantito. Del resto chi conosce la storia della Chiesa sa che è già successo in passato che movimenti di origine religiosa, diventati fiorentissimi, siano decaduti travolti da eccesso di potere e di ricchezza. A Milano c’ è il precedente famoso dell’ Ordine degli Umiliati . Quindi molto, quasi tutto dipenderà dalla volontà dei dirigenti (il movimento ha sempre avuto un’ organizzazione piramidale).
L’ exit strategy non può non prevedere, innanzitutto, un minimo di critica e di autocritica sul recente passato. Invece nelle due interviste le risposte alla domande di attualità sono sconfortanti, così mosce che neanche il miglior Forlani sarebbe riuscito a dir meglio. Berlusconi? Scola : “E’ presto per dare un giudizio complessivo. La mia attenzione è puntata sul compito della Chiesa e degli uomini di Chiesa quindi su ciò che mi riguarda personalmente su quello che la grande tradizione chiama il bonum ecclesiae…” ; Carròn: “Non ho gli strumenti per dare un giudizio globale. Nella sua vicenda vedo aspetti positivi che hanno fatto bene all’ Italia e aspetti negativi”. Il San Raffaele? Scola: “Mi mancano troppi elementi per formulare un giudizio che ora si baserebbe solo su quanto apprendo dai media.” ; Carròn: “Lo vedo dall’ esterno. Non conosco la vicenda giudiziaria. Ma ricordiamoci che si tratta di una grandissima istituzione. ”
Se l’ approccio resta questo, alla camomilla, dubito che l’ operazione salvataggio riesca. Se invece le autorità del movimento intendono fare quel che dicono e riconcentrarsi finalmente sull’ essenziale, si apre un altro scenario: revisione dell’ impianto educativo, introduzione di alcune sacrosante distinzioni quella ad esempio tra peccato e reato – , modifiche del linguaggio, rinuncia a una serie di ricchezze, richiesta di comportamenti coerenti. La scelta religiosa, quando è fatta fino in fondo, è rigenerativa. Ma è scelta a caro prezzo, “spezza le veni nelle mani, mischia il sangue col sudore se ne rimane” (questo non è Chieffo, è Fossati ne La costruzione di un amore). Arrivato a questo punto della mia vita, stagionato da un trentennio di esperienza sul campo, esito addirittura a consigliarla, visto che essa, a differenza di quanto hanno continuato a pensare i suoi detrattori, inchioda a criteri di vita molto esigenti, quasi impossibili. Nelle scelte mondane il credente dovrà correre il proprio rischio senza utilizzare la Chiesa. Dovrà tener conto del criterio di affinità: sarà suo quello che è affine o più affine (il comparativo dice meno del semplice positivo) alla logica del Vangelo. Dovrà ricordarsi in ogni istante che ci sono soggetti più biblici di altri: i poveri, i malriusciti, gli affamati, i puri di cuore, i perseguitati, tutti soggetti delle beatitudini. E soprattutto dovrà accettare la verità più dura di tutte: che il fatto cristiano incontra solo tangenzialmente e per pochi istanti il successo di questo mondo. Regnavit a ligno, non dai bordi di uno yacht.
Giovanni Colombo
Milano