Erri De Luca – La parola contraria

Da qualche parte del mondo ancora si concludono affari con la parola data e la stretta di mano. Vanno insieme, la dichiarazione e il gesto, uno è  il seguito dell’altra. I miei genitori mi hanno insegnato che non serve giurare. Da noi quel verbo non si usava, doveva bastare la semplice affermazione di non aver commesso la tale mancanza oppure l’impegno a non ricaderci.
Il 1900 è stato un secolo esigente con le parole. Ha coinvolto masse umane a eseguire la volontà di alcune di esse, ha implicato il sacrificio della vita in nome delle convinzioni affermate. Poeti, scrittori, filosofi, responsabili delle loro parole, sono stati per questo imprigionati, esiliati uccisi. Ho imparato da loro una lezione di fedeltà al vocabolario.
Nella scrittura sacra i sei giorni della creazione sono preceduti dalla dichiarazione della divinità. Prima dice, poi crea, legando così la sua parola alla più alta efficacia possibile, quella di costruire il mondo, ma anche di esserne causa. La divinità si lega con vincolo di autore all’opera eseguita. Accetta di risponderne, a Abramo come a Giobbe.
Si vive in tempi opposti. La parola pubblica, politica, economica, può essere smentita, revocata, disattesa. Vige licenza di parola falsa, senza peso né responsabilità.
Per un singolare caso giudiziario devo rispondere penalmente di affermazioni dette a organi di stampa. Ho ribadito una mia convinzione, più di una semplice opinione. La linea TAV in Va di Susa va sabotata, così com’è andata finora e da anni grazie alla resistenza e all’opposizione di quella vallata.
Sono processato a Torino per queste convinzioni espresse pubblicamente. Mi trasportano così nel 1900, secolo della parola responsabile. È stato il mio tempo e il mio maestro. Sono lieto di esserne allievo.
Nel piccolo libro “La Parola Contraria” ho scritto che l’incriminazione delle mie parole equivale per me a un premio letterario. Perché a questo strumento prezioso delle relazioni umane viene riconosciuta importanza, efficacia, capacità di suscitare e di istigare.
Nella generale svalutazione della parola, si vuole che lo scrittore sia docile con l’andazzo, mansueto con le autorità costituite. Non mi attengo alla consegna. Spendo il piccolo credito di ascolto, acquistato con i miei libri per sostenere cause necessarie e giuste, dalla Valle di Susa a Lampedusa.
Qualsiasi esito avrà la mia vicenda giudiziaria, sarà servita a dare di nuovo peso e importanza alla parola libera e contraria.

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