Oggi i drammi corrono più veloce delle nostre capacità di registrarli, conoscerli, dare loro una dimensione. Parlo di rifugiati dalle guerre e di migranti dalla fame. Vorrei rammentare a tutti coloro i quali vomitano di tutto e di più nei confronti di chi scappa dalla violenza, dalla paura, dagli stenti, dalla schiavitù e dalla morte, che stiamo parlando di persone. In loro non vedo la spasmodica ambizione di vacanze low cost, ma più semplicemente colgo grida d’aiuto e di solidarietà. Aver attribuito al sostantivo “immigrato”, sin dalla prima ora un significato dispregiativo è l’errore più marchiano che si potesse commettere. Basta con i pregiudizi, cerchiamo di non ragionare in termini di convenienza, cerchiamo di capire. Tra noi e loro c’è una sola, incontrovertibile, differenza, un qualcosa che non ci siamo di certo meritato o conquistato: l’aver vinto alla lotteria biologia, la fortuna di nascere nel posto giusto. Penso a don Tonino Bello, l’umile-grande vescovo che ci ha lasciati 22 anni fa, era il 20 aprile. Lui ha dato tutta la tua vita per lasciarci un mondo migliore, che ha consumato tutto se stesso per renderci migliori. Tu che avevi aperto le porte del tuo vescovado ai migranti ai poveri, 22 anni fa ci lasciasti una terra migliore. Noi eravamo migliori. Infatti, allora quando sbarcarono più di 30.000 albanesi a Bari, ma non ci fecero mica paura. No. Tu ci spronasti a spalancare i nostri cuori prima ancora che l’uscio delle nostre case. Tu ci insegnasti che “davanti a una persona non si discute, la si accoglie”.
Oggi non è più così, don Tonino. In questi giorni, centinaia di vite umane sono morte. Dicono affogate. Disperse. Non riescono nemmeno a contarli. Sono tanti. Forse rimarranno senza volto e senza nome. Senza esequie. Migranti in eterno, clandestini anche in paradiso. Fuggivano dalla loro terra, in cerca di una nuova patria che garantisse loro un po’ di libertà, un briciolo di dignità o forse semplicemente un pezzo di pane. In mare hanno trovato solo la morte. E uno scoglio di cinismo. Uccisi due volte. Chi provoca questa situazioni? È troppo comodo parlare di società e nazioni, di organizzazioni e di guerre, e rimanere nell’astratto, bisogna avere il coraggio di indicare i volti di chi, cinico, determina tutto lo sfruttamento. I guadagni quali canali percorrono? I perchè rischiano di liberarsi nell’aria ed evaporare: basta lasciar parlare e poi tutto rimane esattamente così come era.
Gli schiavisti odierni ripropongono la tratta dei neri tanto deplorata. Non basta scuotere i grandi, i potenti, le comunità internazionali e locali. Non basta neppure dare una mano, è necessario dare il cuore, sprecarsi senza misura.
Leggo che nella civilissima, felicissima, multietnica America, una donna di colore venga eletta sindaco e l’intero dipartimento di polizia si dimetta per protesta. È accaduto a Parma (non la città emiliana famosa per il parmigiano, il prosciutto e del culatello), una comunità di 700 anime nello Stato Usa del Missouri, dove Tyrus Byrd è la prima donna sindaco afroamericana. Ciò non sembra esser stato di gradimento agli agenti del dipartimento di polizia e a tre impiegati comunali che si sono dimessi e la nuova rappresentante delle istituzioni, a poche ore dalle elezioni, ha dovuto prender atto di aver a disposizione un solo agente di polizia, l’unico che ha scelto di restare. La vicenda ha destato scalpore e polemiche tra l’opinione pubblica americana. Insomma conservatorismo, ignoranza e razzismo, regnano ovunque anche in quel d’America. A me torna in mente la presentazione della squadra di governo da Letta, quando tra le fila spuntò Cecile Kyenge e esattamente pochi istanti dopo partirono gli attacchi da ogni direzione.
La fame e le guerre, vere cause della fuga di milioni di persone.
Oggi nel mondo ci sono un milione e mezzo di obesi, mente 850 milioni di persone soffrono la fame, di queste, 40 milioni muoiono ogni anno, mentre gettiamo via una quantità di cibo che basterebbe a sfamare chi non ne ha e ne rimarrebbe…
I prodotti che la terra produce ogni anno sono così utilizzati: il 50% per l’alimentazione, l’altro 50% per produrre biocarburanti.
La spesa militare del governo italiana per il 2014, dati pubblicati dal SIPRI il 13 aprile scorso, è stata di 29,2miliardi di €, pari a 80 miliardi di € al giorno
Mons. Oscar Arnulfo ROMERO. In America Latina ogni tanto capita che per le vie delle città qualche negozio abbia affisso in vetrina un cartello con su scritto: “Cercasi commessi”, oppure -in caso di ristoranti- “Cercasi cuochi”. Come sarebbe bello se anche le chiese appendessero alle loro pareti il messaggio “Cercasi urgentemente profeti”! In effetti questa necessità -in Sudamerica come anche nel resto del mondo- ci sarebbe eccome… Ma risvegliare le vocazioni e attualizzare la figura del profeta non è impresa semplice, perché richiede una forte unione tra Chiesa e popolo. La stessa che lo scorso 24 marzo -in occasione dei trentacinque anni dal martirio dell’arcivescovo Oscar Romero (ucciso nel 1980 da un cecchino legato al partito salvadoregno di estrema destra)- ha animato la comunità cristiana di El Salvador. E ancora, la stessa unione che il prossimo 23 maggio -durante la cerimonia di beatificazione di Romero a San Salvador- collegherà il mondo cattolico a ogni latitudine. Credo sia il caso di approfondirne un po’ il significato.
Chi era monsignor Oscar Romero? Quali conseguenze ha avuto la sua morte in Sudamerica e nel mondo? Come si può far rivivere il suo insegnamento nella Chiesa e nella società d’oggi?
Poche settimane fa, ci ha lasciati don Giorgio Morlin, nostro caro e acuto redattore, incredibile animatore della parrocchia di Mogliano Veneto e della Rete locale. Gli amici di Mogliano, nel darcene notizia, così lo ricordano: “Uno dei suoi tratti caratteristici era l’accoglienza. Pur nella sobrietà della sua canonica, che poi denotava il suo stile di vita, quante persone ha accolto: stranieri, donne in difficoltà, rifugiati, disperati…
Potremmo parlare a lungo di quali siano stati l’insegnamento, la testimonianza ed anche la figura profetica di don Giorgio (come non ricordare nelle sue omelie e nei sui scritti, le prese di posizione e le denunce contro la corruzione, la mancanza di etica, il degrado dei valori in politica…).”
Il direttore
Nella copertina avete letto il mare nostro di Erri De Luca, facciamocelo entrare nella carne, nella mente, insegnamolo ai nostri figli, non stanchiamoci di recitarlo dentro e fuori di noi, proclamiamolo nelle riunioni, affinchè la gente sappia come la pensiamo. Grazie Erri!