Alle ruspe, che hanno iniziato a sradicare gli olivi centenari di Terra Santa, loro rispondono con l’unica forma di protesta rimasta: la preghiera.
I cristiani di Beit Jala – ortodossi e cattolici – si sono ritrovati questa mattina tra gli uliveti della valle di Cremisan, che verrà distrutta dalle forze israeliane.
Ieri i bulldozer israeliani hanno iniziato a sradicare gli ulivi di Cremisan (foto Società St. Yves)
Sono iniziati ieri, infatti, i lavori di preparazione all’espansione del muro di separazione nei terreni del villaggio palestinese, nei pressi di Betlemme: i bulldozer dell’esercito israeliano hanno già sradicato un centinaio di alberinella zona di Bir Onah, vicino all’insediamento israeliano di Gilo. A nulla sono servite le proteste dei residenti e dei proprietari, che hanno assistito impotenti al sequestro e alla distruzione dei loro terreni.
Questa mattina i cristiani della zona hanno pregato insieme tra gli ulivi che ancora resistono allo scempio: la manifestazione pacifica si ripeterà nei prossimi giorni, anche se ormai le speranze di salvare Cremisan sono esaurite. Gli scout cattolici ed ortodossi di Beit Jala hanno costruito una tenda, simbolo dell’appartenenza al territorio, nonostante tutto. Presenti alla preghiera anche Don Mario Cornioli, sacerdote biturgense fidei donum al Patriarcato Latino di Gerusalemme, e Francesco Del Siena, membro dell’associazione Habibi, nata due anni fa in Valtiberina per promuovere progetti di solidarietà a favore della Terra Santa.
La tenda costruita dagli scout di Beit Jala tra gli ulivi di Cremisan (foto Mario Cornioli)
L’azione dei bulldozer segue al beneplacito che lo scorso 8 luglio il progetto del governo Netanyahu ha ricevuto dalla Corte Suprema Israeliana, che precedentemente si era espressa in difesa dei palestinesi e per la salvaguardia dell’area, che accoglie, oltre ai terreni di 58 famiglie crstiane, anche un monastero e un convento salesiani, con annessa una scuola elementare. Israele ha dichiarato che l’espansione della barriera di cemento armato è dovuta a motivi di sicurezza, ma per molti l’obiettivo di Tel Aviv è quello di collegare le colonie – illegali secondo il diritto internazionale – di Gilo e Har Gilo.
Con la costruzione del muro, le due strutture salesiane resteranno in territorio palestinese, mentre i terreni delle famiglie cristiane finiranno nella parte israeliana. Pochi giorni fa la Società Saint Yves, Centro cattolico per i diritti umani in Terra Santa, aveva presentato una nuova petizione alla Corte Suprema Israeliana perchè il Ministero israeliano della Difesa presentasse il nuovo tracciato della barriera prima di iniziarne la costruzione: in attesa di una risposta dell’assise, le ruspe sono già entrate in azione.