Papa Francesco sbarcherà nella capitale cubana questo sabato 19/9 alle 16. Domenica mattina celebrerà la messa campale nella Piazza della Rivoluzione e, poi, avrà un incontro con Raúl Castro. Si pervede, nello stesso giorno, visiti Fidel Castro, a casa sua.
A fine pomeriggio, nella cattedrale dell’Havana, dialogherà con il clero e i religiosi, prima dell’incontro con i giovani nel Centro Félix Varela.
Lunedi, 21/9, Francesco celebrerà una messa campale a Holguín, vicino alla base navale di Guantanamo e, subito dopo, andrà a Santiago de Cuba, dove si incontrerà con i vescovi del paese.Martedi, 22/9, celebrerà la messa, di mattina, nel Santuario Nazionale della Vergine della Carità del Cobre e, dopo un incontro con le famiglie cattoliche, si imbarcherà per gli USA
Cuba e Brasile sono gli unici paesi dell’America Latina che hanno avuto il privilegio di ricevere la visita di tre papi, Giovanni PaoloII, Benedetto XVI e Francesco, in un periodo relativamente breve (trattandosi di viaggi pontifici).
Il Brasile, considerato il paese con il maggior numero di cattolici (il 70% della popolazione dei 203 milioni di abitanti), è visto, dalle altre nazioni latino-americane, come meritevole di un tale privilegio. Ma… e Cuba? Messico, Colombia e Argentina, a maggioranza cattolica, non sono convinti di non meritare la stessa deferenza. In occasione della sua visita a Cuba, Benedetto XVI non ha resistito alla pressione dell’episcopato latino-americano e ha fatto uno scalo a León, in Messico, per incontrare i vescovi.
Rivoluzione e religione
Cuba è, oggi, una nazione di poco più di 11 milioni di abitanti, segnati da una forte religiosità sincretica, una mescolanza di cristianesimo di origine spagnola, improntato al franchismo, con tradizioni religiose oriunde dell’Africa, come la santería, che equivale al candomblé brasiliano, portate dagli antichi schiavi, destinati alle piantagioni di canna da zucchero.
La Rivoluzione guidata da Fidel, vittoriosa nel 1959, non è stata contro la religione. Fidel e Raúl appartengono a una famiglia cristiana e, durante più di 10 anni, sono stati studenti interni di scuole cattoliche lasalliane e gesuitiche. Questo significa che partecipavano quotidianamente alla messa, come era abitudine nella prima metà del XX secolo.
Lina, la madre dei comandanti rivoluzionari, fece promettere loro, che, se fossero usciti vivi dalla guerriglia della Sierra Maestra, avrebbero depositato le loro armi ai piedi della Vergine della Carità del Cobre, patrona di Cuba. La promessa fu mantenuta e, nel 1981, in occasione del mio primo viaggio nel paese, ho visto le armi esposte nel santuario.
La guerriglia della Sierra Maestra aveva con se un cappellano, il padre Guillermo Sardiñas, designato dalla Conferenza Episcopale. Spettava a lui battezzare i figli dei contadini, celebrare i matrimoni, seppellire i morti vittime della guerra rivoluzionaria. Dopo la vittoria, Sardiñas ricevette la massima onorificenza di Comandante della Rivoluzione e ottenne, dal papa Giovanni XXIII, il permesso di indossare una tonaca verde-oliva.
I conflitti causati dalla riforma agraria e l’espropriazione delle imprese di proprietà USA portarono il presidente Kennedy a patrocinare, nel 1961, la fallimentare invasione mercenaria della Baia dei Porci. Nel clima caldo della Guerra Fredda, l’episodio convinse Fidel a dichiarare il carattere socialista della Rivoluzione e spinse Cuba nelle braccia dell’Unione Sovietica. Questo allineamento colpì negativamente la religiosità cubana.
Ateismo scientífico
Anche se nessuno spazio religioso era stato chiuso e nessun prete o pastore fucilato, il carattere ateo dello Stato e del Partito Comunista di Cuba e l’insegnamento nelle scuole dell’ateismo scientifico hanno rafforzato il preconcetto nei confronti della religione. La pratica liturgica della fede è arretrata all’interno delle case e dei templi. I libri di catechesi e teologia, Bibbia compresa, non potevano entrare nel paese. Preti e pastori si videro costretti a sottomettersi alla “rieducazione ideologica” nel settore del lavoro manuale.
Mentre le Chiese protestanti si allinearono alla Rivoluzione e la santería fu ammessa considerandola mero “folclore”, l’unico canale libero tra la Rivoluzione e la Chiesa Cattolica era l’amicizia che univa Fidel al nunzio apostolico, monsignor Cesare Zacchi. Grazie a questo, le relazione tra Cuba e lo Stato del Vaticano non si spezzarono mai.
Domande a Fidel
Nel luglio del 1980, parlai per la prima volta con Fidel a Managua, in occasione del primo anniversario della Rivoluzione Sandinista. Pensai che sarebbe stata la mia unica opportunità di dialogare con il leader cubano. Ne approfittai, quindi, per fare due domande: “Comandante, qual è l’atteggiamento della Rivoluzione di fronte alla Chiesa Cattolica? Prima che risponda, le anticipo che ci sono tre ipotesi. In quale di queste si inquadra la Rivoluzione?
La prima sarebbe perseguitare i cattolici. Se fosse così, la Rivoluzione farebbe un buon servizio alla Casa Bianca, dimostrando che tra Rivoluzione e Religione non può esserci conciliazione.
La seconda ipotesi sarebbe l’indifferenza della Rivoluzione in relazione ai cattolici. In questo caso, la Rivoluzione favorirebbe chi, dentro Cuba è contrario alla Rivoluzione stessa. Poichè non possono lasciare l’isola, costoro si rifugerebbero nelle sacrestie delle chiese.
La terza è che la Rivoluzione, come ente politico, mantenga un dialogo con tutte le istituzioni cubane, Chiesa Cattolica compresa. Quale delle tre ipotesi è abbracciata dalla Rivoluzione?
Fidel si mostrò sorpreso e rispose: “Lei ha ragione. La terza ipotesi è la più ragionevole. Da 16 anni non parlo con un vescovo cubano. Sarebbe disposto ad aiutarci a un riavvicinamento?”
Prima di rispondere positivamente, passai alla seconda domanda: “Perchè lo Stato e il Partito Comunista di Cuba sono confessionali?” Fidel si spaventò: “Come confessionali? Siamo atei!” “Beh, Comandante, affermare o negare l’esistenza di Dio è puro confessionalismo. La modernità esige uno Stato e dei partiti laici”.
Fidel fu d’accordo nel riconoscere che non aveva mai guardato al tema da quel tipo di ottica. Poco più tardi, tanto la Costituzione di Cuba che lo statuto del Partito Comunista annullarono il carattere ateo e diventarono ufficialmente laici.
Fidel e la religione
Con il benestare della conferenza episcopale di Cuba, cominciai il delicato lavoro di riavvicinare la Chiesa Cattolica e lo Stato. Il momento forte fu nel 1985 quando, nel mese di maggio, Fidel mi concesse una lunga intervista sul tema religioso, che fu pubblicata con il titolo “Fidel e la religione” (il libro sarà a breve ripubblicato in Brasile dalla Companhia das Letras). Era la prima volta che un leader comunista al potere si pronunciava positivamente sul fenomeno religioso.
A Cuba, in occasione del lancio, nel novembre del 1985, furono venduti più di 300.000 esemplari del libro. Solo nell’isola, sono state stampate ad oggi 1milione e 300.000 copie. Come ebbe a dichiarare un vescovo cubano, “questo libro toglie la paura ai cristiani e il preconcetto ai comunisti”.
Fidel tornò a dialogare con l’episcopato e il popolo cubano a manifestare pubblicamente la sua fede cristiana, anche militanti del Partito Comunista che declandestinizzarono le loro convinzioni religiose. L’ “ateismo scientifico” venne eliminato dai curricula scolastici.
Questo processo favorì la visita di Giovanni Paolo II nell’isola, nel 1998. Ci fu una grande pressione della Casa Bianca perchè il papa non effettuasse quel viaggio e, nel caso lo confermasse, perchè condannasse il socialismo. Giovanni Paolo II ci andò, restò cinque giorni, visitò tutte le diocesi, allacciò vincoli di amicizia con Fidel, condannò il blocco imposto dagli USA e inoltre elogiò i passi avanti della Rivoluzione nei settori di salute e educazione.
Benedetto XVI visitò l’isola nel marzo del 2012, in occasione dei 400 anni dall’apparizione della Vergine della Carità del Cobre. Anche lui condannò il blocco e chiese più libertà religiosa, in particolare la riapertura delle scuole cattoliche.
Oggi, le relazioni tra la Chiesa Cattolica e la Rivoluzione sono eccellenti. Una reciproca ammirazione unisce Raúl Castro e il cardinale Jaime Ortega, che ha svolto funzioni importanti nella difesa dei diritti umani e nella liberazione di prigionieri politici.
Per i cattolici di Cuba, il paese ha diritto a una democrazia che non si inquadri nell’autoritarismo ereditato dall’influenza sovietica e ancor meno lo riconduca al capitalismo che ha provocato tanta sofferenza e miseria in America Latina.
É in funzione di questa promettente ingegneria politica, che papa Francesco è intervenuto per favorire il riavvicinamento tra USA e Cuba. Il blocco ha un costo sociale molto pesante per l’isola. È stato con sollievo che i cubani hanno visto Obama in TV, il 17 dicembre 2014, ammettere che il blocco “non ha funzionato”. Dobbiamo capire -come mi ha detto Fidel nel gennaio di quest’anno- se questo significa “soltanto un cambiamento di metodi o implica anche un cambiamento di obiettivi”.
Francesco sarà accolto dalla caliente solidarietà cubana che, attualmente, si estende a più di 100 paesi, che godono dei servizi dei suoi medici e professori. E sbarcherà all’Havana nel momento in cui Cuba passa per importanti cambiamenti, in modo da adattare la sua economia ai nuovi partner fuori dal blocco socialista. Tutto questo processo è guardato dalla popolazione con speranza e cautela. Speranza che l’isola riceva investimenti significativi e raddoppi il numero di 3 milioni di turisti che la visitano ogni anno, portando più valuta. Cautela perchè, come mi ha detto un amico cubano, “ci sarà uno shock tra lo tsunami consumista e l’austerità rivoluzionaria”. Solo il tempo mostrerà il nuovo profilo dell’unico paese socialista della storia dell’Occidente.
Il Papa a Cuba
Papa Francesco è a Cuba. Poi andrà negli USA. Arriva nei due paesi con il merito di aver promosso il riavvicinamento tra loro, dopo più di 50 anni di ostilità.
Il Congresso USA potrebbe offrire un’accoglienza migliore al pontefice sospendendo il criminale blocco imposto all’Isola socialista dalla Casa Bianca e restituendo ai cubani la base navale di Guantanamo.
L’espropriazione delle imprese statunitensi portò il presidente Kennedy a patrocinare, nel 1961, la fallimentare invasione mercenaria della Baia dei Porci. Nel clima caldo della Guerra Fredda, l’episodio convinse Fidel a dichiarare il carattere socialista della Rivoluzione e spinse Cuba nelle braccia dell’Unione Sovietica. Questo allineamento colpì negativamente la religiosità cubana.
Il Papa tra Cuba e gli USA
L’iniziativa di rivolgersi a papa Francesco, perchè intervenisse nella riattivazione delle relazioni diplomatiche tra USA e Cuba, è stata del senatore statunitense Patrick Leahy. Cattolico e amico di Cuba, il senatore democatico ha mandato, lo scorso anno, una lettera al papa, insistendo perchè approfittasse del poco tempo in cui Obama resterà al potere per ottenere la riaprossimazione tra i due paesi.
A metà 2014, Francesco ha convocato in Vaticano il cardinale Jaime Ortega, di Cuba, e gli ha consegnato due lettere, una per Raúl Castro, l’altra per Obama, con la proposta di riconciliarsi. Il papa ha preferito non correre il rischio di rivolgersi a un cardinale statunitense, per mandare la lettera alla Casa Bianca, timoroso che l’influenza anticastrista in quel paese danneggiasse l’obiettivo della missione.
Dopo aver consegnato la lettera al presidente cubano, il cardinale è andato a Washington e, al di fuori dell’agenda ufficiale, è stato ricevuto dal presidente degli USA, che ha dato il suo benestare al tenore della corrispondenza.
Sono cominciate, quindi, le trattative tra le delegazioni dei due paesi in territorio neutro: il Canada. Il tutto in segreto, per evitare ripercussioni negative, soprattutto tra i “duri” che circondano Obama.
Il 17 dicembre 2014, i due presidenti, contemporaneamente, hanno annunciato la decisione di riavvicinare i due paesi. Dettaglio curioso: il 17 dicembre è il giorno della nascita di papa Francesco e il giorno della più popolare festa religiosa dell’Havana, il pellegrinaggio al santuario di San Lazzaro, a cui molti hanno attribuito il “miracolo” dell’inizio della distensione tra USA e Cuba.
Nei discorsi del papa all’Havana, ci sono stati momenti molto significativi, come per esempio, nel saluto al momento dell’arrivo, l’enfasi sulla frase relativa al fatto che si erano già incontrati “nella terza guerra mondiale, fatta a tappe” e, nella messa campale a Piazza della Rivoluzione, l’appello di Francesco a favore dei negoziati di pace che si svolgono nella capitale cubana, tra il governo della Colombia e le Forze Armate Rivoluzionarie di quel paese.
Un papa non improvvisa. Neanche quando pronuncia un sermone. Considerato infallibile nelle questioni di fede e morale, tutte le sue dichiarazioni sono pronunciate dopo attenta preparazione.
Francesco è sfuggito alla regola e alla tradizione. Nel pomeriggio di domenica 20, ha lasciato da parte il testo scritto e, commosso dalla testimonianza di una giovane religiosa che si occupa di portatori handicap, ha esortato i religiosi e il clero a abbracciare povertà e misericordia.
I cardinali della Curia Romana, che lo accompagnano in questo viaggio nelle Americhe, devono essere stati presi dal panico, immaginando cosa succederebbe se il papa dicesse qualcosa suscettibile di equivoci o dubbi. Francesco ha criticato duramente quelli che, nella chiesa, sono attaccati al denaro. Ha dichiarato che è una benedizione di Dio quando una istituzione religiosa è amministrata così male che finisce per fallire. Ha criticato anche il moralismo dei sacerdoti incapaci di perdonare i penitenti. Mi sono ricordato di un amico pittore che ho incontrato all’areoporto, nella notte della mia partenza per Cuba, desolato perchè aveva deciso di confessarsi e il prete gli aveva fatto un’arringa farisaica, sentendo che si era sposato per la seconda volta.
“Siate misericordiosi come Gesù”, ha detto Francesco ai sacerdoti. E ha ricordato la frase di Sant’Ambrogio: “Dove c’è misericordia, lì c’è lo Spirito di Dio. Dove c’è rigidità, lì stanno i Suoi ministri…”.
Ora, negli USA, il papa Francesco affronta la tappa più difficile del suo viaggio nelle Americhe. In piena campagna elettorale per la successione ad Obama, qualsiasi cosa dica piacerà o dispiacerà a repubblicani e democratici. Oggi, per la prima volta nella storia, un papa parla davanti al Congresso degli USA. Domani, discorso all’assemblea generale dell’ONU. Dovrà essere il suo pronunciamento più forte. Sabato e domenica, a Filadelfia, affronta i delicati temi dei nuovi profili della famiglia, del genere, della sessualità.
Giovanni XXIII ha fatto una rivoluzione nella Chiesa, convocando il Concilio Vaticano II (1962-1965). Francesco la fa nella Chiesa e nel mondo, rendendo esplicita la dimensione sociale, politica ed economica del messaggio evangelico.
Francesco riaccende la fede a Cuba
Alla fine della sua visita a Cuba, martedì 22 settembre, papa Francesco ha dichiarato, a Santiago de Cuba, “mi sono sentito a casa, in famiglia”. C’erano davvero buoni motivi per celebrare. Attualmente, le relazioni tra Chiesa Cattolica e governo cubano, dopo decenni di conflitti, sono eccellenti.
Qualche giorno prima che il papa sbarcasse all’Havana (sabato 20 settembre), il cardinale Jaime Ortega è stato intervistato nel programma televisivo più seguito del paese. Quando si tratta della delicata questione di liberare i prigionieri politici, Raúl Castro ricorre alla mediazione del cardinale, gesto che testimonia dell’ammirazione reciproca che li unisce.
Anche se ha meritato, in tempi relativamente brevi (trattandosi di pontefici), la visita di tre papi -Giovanni Paolo II (1998), Benedetto XVI (2012) e, ora, Francesco- l’isola socialista non ospita una nazione cattolica. La sua religiosità ricorda la nostra Bahia. Predomina il sincretismo, che mescola cristianesimo con spiritualità provenienti dall’Africa, portate dagli schiavi che vennero a lavorare nelle piantagioni dello zucchero.
Le tensioni tra Chiesa Cattolica e Rivoluzione cominciarono quando le misure di statalizzazione delle proprietà nazionali e straniere dettero il segnale che il paese camminava verso il comunismo. Il cattolicesimo pre-conciliare, di forte connotazione franchista, si pose al lato di quanti difendevano il capitalismo, come sistema più adeguato alla libertà religiosa e identificavano nel comunismo l’angelo sterminatore della fede cristiana.
Nel 1961, dopo la sconfitta dei mercenari che, patrocinati dal governo Kennedy, avevano tentato di invadere Cuba, dalla Baia dei Porci, Fidel dicharò il carattere socialista della Rivoluzione. Spinta dal bipolarismo della Guerra Fredda, Cuba cercò rifugio sotto le ali dell’Unione Sovietica. Dei sacerdoti diffusero la notizia che la Rivoluzione avrebbe inviato in Russia migliaia di bambini destinati, lontani dal loro paese, a essere educati come militanti comunisti. La cosiddetta Operazione Peter Pan trasferì negli USA 14.000 bambini, nella speranza che il socialismo cubano sarebbe stato sconfitto rapidamente e, così, i bambini sarebbero tornati ai loro focolari…
Cambiamento di direzione
Francesco ha celebrato, all’Havana, gli 80 anni di relazioni ininterrotte tra Santa Sede e Stato cubano. Di fatto, grazie alle buone relazioni tra Fidel e il nunzio apostolico Cesare Zacchi, nessun sacerdote è mai stato fucilato e nessun luogo di culto chiuso. Tuttavia, l’influenza sovietica introdusse nelle scuola la disciplina dell’ “ateismo scientifico” e la pratica religiosa si ritrasse all’interno delle case e delle chiese, ad eccezione della santería, equivalente al nostro candomblé, che si è salvata perchè inquadrata nella categoria del “folclore”.
Ai cristiani fu proibito di esercitare alcune professioni, come l’insegnamento, e si interruppe il dialogo tra i vescovi cattolici e i dirigenti del paese.
Negli anni 70, la Rivoluzione vide vacillare il suo attaccamento a preconcetti antireligiosi, suggeriti dai sovietici. In quasi tutta l’America Latina, emergeva un cattolicesimo progressista nelle Comunità di Base, che dettero origine alla Teologia della Liberazione. In Colombia, nel 1966, padre Camillo Torres cadde da guerrigliero, con le armi in mano. In Brasile, nel 1969, si scoprì che i frati domenicani collaboravano con la guerriglia urbana di Carlos Marighella. Ad El Salvador e in Nicaragua, cristiani partecipavano alla lotta rivoluzionaria, spalla a spalla con i marxisti. La Rivoluzione Cubana cominciò a rivedere le sue posizioni sul fenomeno religioso.
Apertura religiosa
Francesco ha stupito Raúl Castro, ricevendo il papa, sapeva che si trattava di un “compagno”. Francesco ha fatto dure critiche al capitalismo, da lui definito “sottile dittatura”, nei suoi incontri mondiali con i leader dei movimenti popolari. La sua prima enciclica, “Laudato si, la cura della nostra casa comune”, è il documento più significativo prodotto ad oggi sul tema socioambientale. Il papa associa la devastazione della natura alla crescita di miseria e povertà e indica nel desiderio di lucro e nell’economia del libero mercato i responsabili di tutto questo. Raúl era certo che Francesco non avrebbe causato sorprese.
Il presidente di Cuba si era sbagliato. Il papa ha stupito per la sua empatia con il popolo cubano, cristiani e atei. Ha lasciato il Mercedes blindato destinato ai suoi spostamenti e, spinto a ricevere i guerriglieri delle FARC -che con la mediazione cubana, negoziano all’Havana un accordo di pace con il governo colombiano,- ha scelto di inserire nella sua omelia, durante la messa a Piazza della Rivoluzione, un suo appello per il buon esito del negoziato.
Ascoltando, nella cattedrale, la testimonianza di una giovane religiosa che si occupa di portatori di handicap, l’emozione ha spinto Francesco ad abbandonare il testo scritto del suo discorso e, improvvisando, rafforzare l’opzione per i poveri della Chiesa Cattolica e la misericordia di fronte agli altrui peccati. I cardinali della Curia Romana, che lo accompagnavano, devono aver provato una sensazione di panico, poichè il papa, rivestito di infallibilità nelle questioni di fede e morale, non può correre il rischio di fare affermazioni che possano provocare equivoci.
Nell’incontro con i giovani, Francesco ha ascoltato uno di loro criticare la Rivoluzione perchè i suoi colleghi stanno in piedi negli autobus andando al lavoro o a scuola. Con grande sottigliezza, il papa gli ha detto che almeno a Cuba ci sono autobus e i giovani possono ancora andare al lavoro o a scuola, mentre molti giovani, nel resto del mondo, non hanno nè autobus, nè lavoro, nè scuola.
Prima di partire da Santiago de Cuba, verso gli USA, Raúl Castro gli ha sussurrato che non gli avrebbe baciato la mano, ma lo avrebbe tenuto sempre nel cuore. Francesco lo ha ricambiato con la medesima promessa.