Lettera Rete di Quarrata – Natale 2015

Carissima, carissimo,
grazie per questo anno trascorso insieme. Abbiamo cercato di viverlo al meglio, ciascuno nel proprio ambiente, cercando di far tesoro per le belle e difficili situazioni in cui ci siamo trovati.
A Quarrata, nell’ultimo dei cinque incontri,  Antonietta Potente ci ha ricordato il sogno di Gesù, l’alzarsi, il risvegliarsi per stare insieme; che la risurrezione non è un miracolo ma, un evento trasformativo grandissimo in cui partecipa in segreto tutta la creazione, è una nascita che rimette in piedi, perché i vangeli sono testi esistenziali, perché sono le persone che vivono la vita dei vangeli, perché la teologia non si costruisce a freddo in una biblioteca o in uno studio.
Tra pochi giorni inizierà  un nuovo anno, vorremmo fosse veramente nuovo, anche perché, penso che non abbiamo tante alternative. Tutti sappiamo che così non possiamo continuare. Folle disperate  e sempre in aumento di senza lavoro, senza cibo, senza alcuna speranza, che soffrono e perdono la vita per la fame, per le guerre, le ingiustizie, i soprusi, i delitti più disumani. Mentre i cosiddetti “grandi” della terra continuano a giocare a palla con la luna, le stelle, il sole, e tutti i cosiddetti paradisi fiscali e non, dilapidando tutte le bellezze, le ricchezze e le potenzialità della terra, facendo pagare il tutto ai più piccoli, agli impoveriti dalle loro politiche.

Raccogliamo ciò che abbiamo piantato
Attraverso i media continuiamo a seguire tutto il flusso migratorio verso l’Europa Occidentale di africani e arabi che fuggono da paesi in guerra quali la Siria, l’Irak, l’Eritrea, la Libia, l’Afghanistan. Nel 2015 sul vecchio Continente sono già sbarcati circa 500.000 migranti privi di documenti. Nelle acque del Mediterraneo giacciono sepolti, da gennaio ad oggi, circa 4.500 persone che scappavano dalla miseria e dalla violenza, alla ricerca di un po’ di pane e di pace, di cui 700 bambini. Nel 2014 erano state circa 3.500.
Papa Francesco ha fatto numerosi appelli in difesa delle vittime di un mondo egemonizzato da un sistema nel quale la libera circolazione dei soldi non trova il corrispettivo nella libera circolazione delle persone. Dinanzi al capitale tutte le frontiere si aprono. Dinanzi alle persone tutte si chiudono, soprattutto quando si tratta di neri o musulmani. E questo per il preconcetto che potrebbero essere dei potenziali terroristi. Martedì 8 dicembre, Papà Francesco ha riaperto la porta Santa in Vaticano, dopo averla aperta in anticipo a Bangui, nella cattedrale della Repubblica Centrafricana, terra sofferente che rappresenta tutti i Paesi del mondo che stanno passando guerra e fame, a simbolo di un’umanità intera che si rinnova, si ingloba e fraternizza.
È triste aver visto bambini girovagare per le strade e persone bisognose strisciare sotto recinti di filo spinato, schiere di poliziotti che tentano di respingerli con gas lacrimogeni, cani che fiutano le persone, recinzioni elettrificate, bastonate.
L’Europa Occidentale raccoglie il frutto di quella semenza maligna che aveva piantato: secoli di colonialismo in Africa e appoggio a regimi dittatoriali in Oriente. Dopo aver estorto ricchezze naturali e sostenuto dittatori sanguinari, noi europei lasciammo alle nostre  spalle una zavorra di miseria e violenza. Avessimo promosso la democrazia e lo sviluppo di quei paesi, oggi non dovremmo erigere muri per respingere le orde di migranti, e questi non dovrebbero rischiare la vita nelle acque del Mediterraneo aggrappati alla fragile speranza di una vita migliore.
L’Unione Europea ha appoggiato il brutale intervento degli Stati Uniti nei paesi arabi. Dopo aver sostenuto Saddam Hussein, Gheddafi e Bashar al-Assad, le potenze occidentali, con un occhio ai giacimenti di petrolio di quei paesi, hanno fatto appello pretestuosamente al terrorismo, per derubarli e lasciarli nel caos.
Noi europei occidentali dimentichiamo il nostro passato. Fra il 1890 e il 1910 più di 17 milioni di europei emigrarono verso gli Stati Uniti. E altri milioni raggiunsero l’America del Sud. Questo quando la popolazione mondiale era circa un quarto di quella odierna. Il flusso migratorio di allora è stato ben più intenso di quello attuale.
Perché l’Europa Occidentale non ha chiuso le sue frontiere dopo il crollo del Muro di Berlino, quando il movimento migratorio da est verso ovest si era intensificato? I popoli dell’est non avevano le caratteristiche degli schiavi, ma pelle bianca come la neve, occhi chiari. Nulla di meglio che avere degli impiegati  in alberghi, ristoranti, negozi, abitazioni – di “bella presenza”.
E’ il preconcetto che uccide le sue vittime e i valori umani che teoricamente difendiamo. E la discriminazione rivela la nostra vera faccia. E’ la superficialità con cui si guarda la realtà, si vive la quotidianità, pensando che la realtà sia solo come ci viene presentata.
Dopo cento anni d’inutili stragi, di orribili massacri e crimini contro l’umanità è venuto il tempo di riconoscere che la pace è un diritto umano fondamentale della persona e dei popoli. Un diritto che deve essere effettivamente riconosciuto, applicato, tutelato e vissuto a tutti i livelli, dalle nostre città all’Onu.

Papa Francesco
“A sorpresa i colleghi cardinali sono andati a scegliere un Papa alla fine del mondo”. Queste le prime parole di Papa Francesco dal balcone della Basilica di San Pietro in diretta mondovisione la sera di mercoledì 13 marzo 2013. Da allora una sequela di cambiamenti, innovazioni, esternazioni che hanno determinato un gradimento senza precedenti, ma parimenti hanno sconcertato Curia e i fedeli tradizionalisti. Non ultima la convocazione di un Giubileo senza attendere i canonici 25 anni di intervallo. La sua rinuncia a molte delle prerogative del soglio pontificio genera perplessità e interrogativi. Le aperture su temi delicati per la Chiesa, ad esempio la comunione per i divorziati o la questione della Madonna di Medjugorje, si scontrano con le linee di orientamento generale stabilite dai predecessori. L’abbondante riabilitazione della cosiddetta “teologia della liberazione” evidenzia una sconfessione della visione di Giovanni Paolo II. La concezione di Cristo come rivoluzionario in chiave politica si discosta chiaramente dalla catechesi. Questa la posizione di papa Wojtila sancita nel 1981 dalle conclusioni della Congregazione per la dottrina della fede presieduta dal Cardinale Joseph Ratzinger. Nella politica estera della Santa Sede sono state assunte decisioni sorprendenti, dal riconoscimento della Palestina alla condanna del genocidio armeno. Una vicenda che ha scatenato l’ira della Turchia. L’omelia di Papa Francesco pronunciata nella Basilica di San Pietro il 12 aprile, alla presenza dei rappresentanti di tutte le confessioni cristiane, ha causato un vero e proprio incidente diplomatico. Durante l’allocuzione il Pontefice ha condannato i crimini e i massacri che quotidianamente sono perpetrati ad ogni latitudine nei confronti dei fratelli e delle sorelle che hanno fede in Cristo. Persone che hanno subito brutalità efferate e sono state costrette, in determinati contesti, a lasciare la propria terra. Nel ricordare che il sangue cristiano é sempre stato sparso durante il corso dei secoli ha citato anche il genocidio degli armeni che rientra nella specifica tipologia degli stermini di massa come la Shoah, Cambogia, Ruanda, Bosnia ecc… Un’affermazione che ha immediatamente scatenato la ferma e vibrante reazione della Turchia che considera da sempre l’eccidio armeno un falso storico. Il Presidente Erdogan ha ammonito Papa Francesco sulle imprevedibili conseguenze dell’errore commesso, definendo le sue parole inaccettabili e dannose, oltre che per i rapporti bilaterali, soprattutto per le dinamiche interconfessionali.

I bambini
Una strage, su fronti diversi e dai danni inestimabili. Una strage di bambini, alla luce delle ultime cifre, raccapricciante. Più di settecento in un solo anno. Tutti naufraghi. E non finisce qui: “Dall’inizio del 2014 -ha ricordato il presidente di Unicef Italia, Giacomo Guerrera- circa 30 milioni di bambini hanno lasciato le proprie case a causa di guerre, violenza, persecuzioni e le condizioni climatiche”. Sui bambini si specula, ci si sporcano le mani, ci si arricchisce. Sono merce, oggetti, piccoli salvadanai dal guadagno sicuro. E se finiscono in mare o a prostituirsi non fa differenza, se vengono venduti o barattati, tanto meno. Costano poco ma, fruttano molto. Nei barconi occupano meno spazio degli adulti, fanno numero, se arrivano a destinazione, possono essere richiestissimi. Il mondo dell’infanzia è anche questo, ebbene sì. Ma non ne possiamo più! Dell’incuria, la superficialità e la passività con cui si assiste a tutto, ognuno stretto nelle sciarpe calde del proprio inverno e nella finzione dei problemi mai affrontati. Ci si scarica, gli uni sugli altri, l’impegno di una frontiera che sia madre, che sia credibile, che difenda dai venti sbagliati e sappia accogliere le voci giuste. I bambini hanno un solo e unico desiderio: essere rispettati, essere abbracciati dalla dignità che gli dobbiamo, non essere traditi nella loro ingenuità e nelle notti con le stelline al soffitto. Invece li lasciamo infreddoliti, spaventati, ad elemosinare agli incroci o all’uscita dei supermercati, a mani chiuse di tenerezza ma aperte di terrore. Li lasciamo affamati, ammalati in terre insane, dove un sorso d’acqua è infetto, un tozzo di pane si divide con le mosche e dove per un mal di pancia c’é solo da pregare Dio. Li svendiamo ad una vita bastarda ed assassina, rapiti e rivenduti al miglior offerente, in cambio di un potere che avvelena. Tutti. E lasciamo fare, lasciamo le tende chiuse mentre, al di là dei vetri, si compie l’atto più osceno che si possa, anche solo, immaginare. E noi ne siamo, omertosamente, complici. Quanto spreco di energie e di denaro in imprese inutili mascherate di progresso e necessità, mentre una linea sottile ed accecante allunga il suo perimetro allargando le colpe. Di tutti. Ogni Stato mette del suo, ogni nazione partecipa a questa gara di follia. Oggi il Natale è a un passo da noi, ma, nella festa mondiale della carità e misericordia, si festeggia l’ennesimo eccidio.
I bambini continuano a soffrire, ogni anno, ne muoiono centinaia di migliaia a causa di guerre e attacchi terroristici; oltre un milione rimangono orfani e con traumi psicologici irreversibili; milioni ne muoiono prima dei cinque anni e, di questi, l’80% in Africa ed in Asia meridionale per fame e malattie; mentre sono duecentocinquanta milioni i bambini lavoratori che guadagnano meno di due dollari al giorno; altrettanti non dispongono di servizi igienici, acqua potabile e assistenza sanitaria. Una sorta di mondo ‘invisibile’ che piange d’abbandono. Un mondo visibilissimo, invece, ma che lasciamo fuori dalle nostre coscienze, cieche di convenienza, nascoste dietro le lucette intermittenti del presepe, tovaglie ricamate d’oro e tavolate sbuffanti di noia e messinscena.
Nel mio ultimo viaggio in Brasile, durante una riunione con gli educatori della Baixada e Waldemar Boff, Marcos ha preso la parola e ha evidenziato quale è il uno dei veri problemi di oggi, ha affermato: non mandateci le vostre eccedenze di rifiuti, di soldi, di prodotti obsoleti, di volontari, di esperti, chiedetevi piuttosto il perché siamo costretti a vivere nelle condizioni in cui siamo, e insieme cerchiamo la risposta, da uguale a uguale, da comunità a comunità. Solo così, forse, riusciremo ad avere più occasioni e ragioni per restare nelle nostre terre.
Siamo nel tempo del Natale, ma cos’è il Natale? Una coppia di Nazareth, Maria e Giuseppe, vanno a Betlemme. Là sono respinti. Forse perché lei era incinta e non erano sposati. Non c’era posto per loro, terminarono il loro cammino ospiti in una stalla, a lato degli animali, dove Gesù nacque. Nonostante questo scenario, il Natale si è trasformato in una festa di scambio di regali mentre ha un significato religioso molto forte e anche molto seducente anche da un punto di visto simbolico. Oggi, il mercato cerca sempre di più di oscurare la figura di Gesù di Nazareth e imporre Babbo Natale. C’è una babbonatalizzazione che trasforma il Natale in una festa del consumo. Il mercato vuole imporsi mercantilizzando tutte le dimensioni della vita.
Stiamo andando incontro anche ad un nuovo anno, il passaggio racchiude sempre in se il desiderio di cambiare, dobbiamo impegnarci a vivere sempre più la generosità, la solidarietà e la condivisione, impegnandoci profondamente ad essere sempre più persone di dialogo con gli altri, anche con coloro che la pensano e agiscono a partire da valori che non sono i nostri e con i quali abbiamo difficoltà a dialogare. Il dialogo più fecondo è infatti con coloro che non la pensano come noi. Oltre a questo, cerchiamo in ogni modo di intensificare un vero rapporto solidale con la terra, l’acqua e tutti gli esseri viventi del pianeta.
Buon cammino, Antonio

Seguono adesso alcune notizie da nostri progetti in Brasile e ancora una volta una profonda riflessione di Erri De Luca.

Petropolis-Baixada Fluminense
I sessanta bambini degli asili nelle favelas della Baixada, continuano a crescere in un ambiente sereno e pacifico, grazie all’attenzione e all’amore degli educatori. La loro giornata e’ così strutturata: accoglienza al mattino, colazione, attività pedagogiche, pranzo, attività ludiche e merenda prima del ritorno a casa. Questo cammino apre i loro cuori a relazioni e valori nuovi. Si pongono le fondamenta per un cambiamento davvero possibile nonostante l’ambiente sia profondamente contaminato dalla presenza del narco-traffico che continua ad alimentarsi con bambini e giovani per i loro sporchi traffici, per non rischiare personalmente. Ad ogni modo la realtà sta davvero cambiando in modo lento e invisibile, se ciò avviene più presto o più tardi, dipende anche dal nostro impegno dal nostro sostegno.
Continua intensa la formazione ecologica all’interno della Baia del rio Surui attraverso corsi nelle scuole, incontri con l’amministrazione per la messa in atto dell’Agenda 21. La riscoperta e rivitalizzazione di varie fonti di acqua ha fatto si che queste siano diventate punto d’incontro e di riflessione tra chi lì si approvvigiona. Loro stessi sono diventati custodi e animatori, costruendo con l’aiuto di Agua Doce, un punto di raccolta per ogni fonte, con panchine e un ambiente coperto. Continua la scolarizzazione primaria per molte donne che non sanno scrivere e leggere.

Casa Vida – San Paolo
Sono attualmente 30 le bambine e i bambini con Aids che vi soggiornano accuditi da personale formato e professionale. I più piccoli sviluppano attività ludiche all’interno, mentre i grandi in età scolare, frequentano normalmente le  scuole all’esterno. E’ presente 24 su 24 un’infermiera, una volta alla settimana i più grandi colloquiano con una psicologa. Bruno, che è ormai il più grande, ha 17 anni, nonostante abbia qualche limite psichico, fa il nonno, accudendo amorosamente i più piccoli, come un educatore-mascotte.
In questi anni, c’è stata una rotazione molto forte, diversi sono morti, altri come Angelica, è stata inserita nel lavoro in un asilo dell’associazione e vive con Thais in una piccola casa, anche se vengono continuamente  accompagnate nella terapia farmacologica e psicologica. Thais ha tre figli sani, bellissimi, frequentano tutti l’asilo, mentre lei  ha iniziato a tenere corsi di prevenzione  e informazione nelle scuole sull’Aids.
La malattia non impedisce loro di fare una vita normale, naturalmente con una serie di attenzioni. Tutti crescono in un ambiente familiare allargato sviluppando il senso della comunità e dell’aiuto reciproco.

Grazie, di Erri De Luca
E’ il canto di chi è disposto a meravigliarsi del mondo. Non vuole rinunciare alla sorpresa di scorgere. Diverso da vedere, che è la registrazione di presenze e la notifica di assenze, scorgere riconosce l’alone luminoso che avvolge creato e creature. Ogni cellula, atomo, irradia. Ogni fiocco di neve inventa la sua variante irripetibile dell’esagono.
Chi è stanco smette di scorgere. Al suo opposto è il santo. In mezzo tra i due si colloca la disposizione allo stupore, che nel Cantico di Francesco implica la gratitudine. Il suo «Laudato» è il grazie di chi risale a un creatore. È il grazie dovuto alla bellezza, che non è apparenza ma sostanza. Dev’esserci una intenzione, una divinità dietro lo spargimento della bellezza? Non ci arrivo, non so risalire così in alto. Nel vagabondaggio tra i pensieri mi sono imbattuto in un verso del poeta russo Brodskij: «Al mondo non ci sono cause, esistono solo effetti». È una rinuncia laica che confina le cause nel campo delle ipotesi. Mi sono fermato qui: non esistono cause, per esempio per la bellezza. Non posso condividere una fede, posso mantenere lo stupore, il tuffo al cuore dell’improvviso scorgere.
Aggiungo i miei ringraziamenti in margine all’elenco di Francesco.
Grazie alla lettura che mi congiunge ai grandi sentimenti del mondo.
Grazie alla scrittura che mi permette l’aggiunta in fondo al catalogo delle narrazioni.
Grazie allo straniero che replica il viaggio di Abramo e perciò prospera e dà prosperità al luogo che lo accoglie.
Grazie a chi difende l’aria, l’acqua e il suolo della propria terra.
Grazie al ponte che congiunge rive e scavalca le rivalità.
Grazie al vento che entra per la prima volta nei polmoni chiusi del neonato.
Grazie all’ossigeno e l’idrogeno, gas che accostati esplodono, ma non nella formula dell’acqua.
Grazie a chi ha scelto il nome di Francesco per trasformare il trono in una sedia di paglia.

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