(16.11.1965)
Noi, vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II, illuminati sulle mancanze della nostra vita di povertà secondo il Vangelo; sollecitati vicendevolmente ad una iniziativa nella quale ognuno di noi vorrebbe evitare la singolarità e la presunzione; in unione con tutti i nostri Fratelli nell’Episcopato, contando soprattutto sulla grazia e la forza di Nostro Signore Gesù Cristo, sulla preghiera dei fedeli e dei sacerdoti della nostre rispettive diocesi; ponendoci col pensiero e la preghiera davanti alla Trinità, alla Chiesa di Cristo e davanti ai sacerdoti e ai fedeli delle nostre diocesi; nell’umiltà e nella coscienza della nostra debolezza, ma anche con tutta la determinazione e tutta la forza di cui Dio vuole farci grazia, ci impegniamo a quanto segue:-Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende.
-Rinunciamo per sempre all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti), nelle insegne di materia preziosa (questi segni devono essere effettivamente evangelici). Né oro né argento. Non possederemo a nostro nome beni immobili, né mobili, né conto in banca, ecc.; e, se fosse necessario averne il possesso, metteremo tutto a nome della diocesi o di opere sociali o caritative.
-Tutte le volte che sarà possibile, affideremo la gestione finanziaria e materiale nella nostra diocesi ad una commissione di laici competenti e consapevoli del loro ruolo apostolico, al fine di essere, noi, meno amministratori e più pastori e apostoli.
-Rifiutiamo di essere chiamati, oralmente o per scritto, con nomi e titoli che significano grandezza e potere (Eminenza, Eccellenza, Monsignore…). Preferiamo essere chiamati con il nome evangelico di Padre.
-Nel nostro comportamento, nelle nostre relazioni sociali, eviteremo quello che può sembrare un conferimento di privilegi, priorità, o anche di una qualsiasi preferenza, ai ricchi e ai potenti (es. banchetti offerti o accettati, nei servizi religiosi).
-Eviteremo ugualmente di incentivare o adulare la vanità di chicchessia, con l’occhio a ricompense o a sollecitare doni o per qualsiasi altra ragione. Inviteremo i nostri fedeli a considerare i loro doni come una partecipazione normale al culto, all’apostolato e all’azione sociale.
-Daremo tutto quanto è necessario del nostro tempo, riflessione, cuore, mezzi, ecc., al servizio apostolico e pastorale delle persone e dei gruppi laboriosi ed economicamente deboli e poco sviluppati, senza che questo pregiudichi le altre persone e gruppi della diocesi. Sosterremo i laici, i religiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Signore chiama ad evangelizzare i poveri e gli operai condividendo la vita operaia e il lavoro.
-Consci delle esigenze della giustizia e della carità, e delle loro mutue relazioni, cercheremo di trasformare le opere di “beneficenza” in opere sociali fondate sulla carità e sulla giustizia, che tengano conto di tutti e di tutte le esigenze, come un umile servizio agli organismi pubblici competenti.
-Opereremo in modo che i responsabili del nostro governo e dei nostri servizi pubblici decidano e attuino leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia, all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini, e, da qui, all’avvento di un altro ordine sociale, nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio.
-Poiché la collegialità dei vescovi trova la sua più evangelica realizzazione nel farsi carico comune delle moltitudini umane in stato di miseria fisica, culturale e morale due terzi dell’umanità ci impegniamo:
1- a contribuire, nella misura dei nostri mezzi, a investimenti urgenti di episcopati di nazioni povere;
2- a richiedere insieme agli organismi internazionali, ma testimoniando il Vangelo come ha fatto Paolo VI all’Onu, l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria.
-Ci impegniamo a condividere, nella carità pastorale, la nostra vita con i nostri fratelli in Cristo, sacerdoti, religiosi e laici, perché il nostro ministero costituisca un vero servizio; così: -ci sforzeremo di “rivedere la nostra vita” con loro;
-formeremo collaboratori che siano più animatori secondo lo spirito che capi secondo il mondo;
-cercheremo di essere il più umanamente presenti, accoglienti…;
-saremo aperti a tutti, qualsiasi sia la loro religione.
Tornati alle nostre rispettive diocesi, faremo conoscere ai nostri fedeli, la nostra risoluzione, pregandoli di aiutarci con la loro comprensione, il loro aiuto e le loro preghiere.
Aiutaci Dio ad essere fedeli.
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Per l’anniversario, il cinquantesimo, del Patto delle Catacombe, abbiamo scritto una preghiera che risponde a quanto un gruppo di vescovi avevano scritto per essere fedeli allo spirito del Concilio e alla profezia di Papa Giovanni.
Ora questo patto, con Papa Francesco sembra venire alla luce e chiedere l’adesione di tutti e tutte noi per rinnovare la Chiesa e renderla spazio ospitale, casa dei poveri, albero di pace
Per mille anni vedova, Madonna Povertà, ha trovato
uno sposo, in Francesco ( cfr. Dante “Divina Commedia”)
“Vai e ricostruisci la mia casa
che come vedi va in rovina”
Preghiera
Signore, donaci una casa semplice,
non una reggia, non un palazzo,
perché il più povero non abbia
vergogna di sedere alla nostra mensa
Signore, donaci vestiti semplici
fatti di fiori
e di foglie, per avere la dolce dignità
degli alberi, e gli uccelli non
abbiano paura di farsi un nido
sui nostri rami
Signore donaci la sedia dei poveri,
quella che sta sulla porta di casa,
sulla strada dove passa la vita.
Il trono di Costantino ci ha resi
servi del potere.
I poveri arrossiscono per noi
Signore donaci nomi semplici,
stacca da noi i titoli come i quadri
da una parete ammuffita
Apri la finestra: che entri il sole
della giustizia
Signore, fa che non siamo in compagnia
dei ricchi, dei potenti, per essere
ricchi e potenti come loro
ma compagni di strada dei poveri
per diventare con la tua grazia poveri anche noi
Signore aiutaci a non difendere la dottrina
se questa garantisce solo i nostri privilegi
i nostri pregiudizi sacri, le nostre piccole invidie quotidiane
ma di ridire, raccontare ogni giorno il Vangelo,
nello stupore, nella pace, nell’amore
Signore che non siamo mai più complici
della economia che uccide,
della politica dell’esclusione
ma rendici invece banchetto conviviale,
casa di amicizia, spazio della danza
Donaci la laicità del tuo figlio
perché non facciamo della religione
un potere che esclude ed umilia
Non più nelle catacombe,
ma al sole, nelle strade, sulle piazze,
in mezzo al mare, come migranti
a dire a tutti, a raccontare, a cantare
l’amore che non muore
Donaci Signore il vestito della gioia
semplice come la veste
di Dom Helder Camara,
e due occhi grandi come i suoi, e le sue mani
come rami protesi verso il sole
Che riconoscano che siamo tuoi, da come ci ameremo,
da come andremo per via,
da come difenderemo la vedova, l’orfano, lo straniero
Che il nostro volto sia simile a quello del tuo figlio risorto
dove si specchia senza vergogna
la luna insieme a volto di una donna, di un povero, di un bambino…