La crescita -e non solo economica- è la legge che ci governa e con essa, la competizione, l’occhio alla concorrenza, la fretta per non perdere le occasioni. Concentrati quindi sulla necessità di non lasciar scappare neanche una briciola di quella preziosa risorsa, scarsa per definizione, che è il tempo; talmente scarsa, ahimè, che nessuno sa alla fine quanto ne avrà in totale da spendere.
L’ansia, sia pure inconsciamente, la fa da regina. Oggi, l’avere, l’apparire, tolgono alla vita il pensare, il fermarsi, il riflettere, fino a riempire anche i nostri tempi morti dentro uno stato di tensione costante. E così nella nostra cultura la morte rimane un tabù; perfino quando è spettacolarizzata. Quando prevale il calcolo e l’interesse a tutti i livelli, non c’è più spazio per la gratuità, l’interiorità e la contemplazione.
Eppure immagino che tutti noi vorremmo riuscire a vivere la vita come opportunità, come espressione di libertà, come incontro con l’altra/o, al fine di creare una giustizia sempre più marcata e tangibile dalle nostre scelte.
A molti di voi questo mio richiamo alla morte sembrerà contraddittorio, fuori tema, inopportuno ecc… Averla presente fa si che sappiamo apprezzare di più la vita, muoverci con più equilibrio e rapportarci alla morte in modo più naturale; suscitando intorno a sé comunione, serenità e senso di rappacificazione. Specie se aiutati da una profonda interiorità. Ci sono malati, perfino terminali, che lottano con se stessi, col personale sanitario, con gli amici per censurarla; altri invece la guardano in faccia. Non arrivano magari, come san Francesco, a considerarla sorella, ma riescono a gustare gli ultimi anni, o mesi, o giorni di vita con una intensità mai immaginata prima.
Un mio grande amico, che aveva vissuto una buona vita, piena di atti di generosità concreti, mi ha confidato anni fa, alcuni giorni prima di morire che la sua esistenza, ripassata nel tempo della malattia, non era stata quella che lui avrebbe desiderato. Dal suo punto di vista la vita era iniziata davvero, solo dopo essere stato colpito dal male. Quella notte abbiamo pianto insieme, a lui succedeva spesso anche quando stava bene, si commuoveva continuamente nel vedere la sofferenza.
Ho letto in questi giorni una poesia di una adolescente malata terminale di cancro che invita a seguire “lo svolazzare irregolare della farfalla” o a osservare “il sole allo svanire della notte” per indurci “a rallentare, a non danzare così veloci”, proprio perché “il tempo è breve e la musica non durerà”. E conclude: “Quando corri così veloce per giungere da qualche parte ti perdi la metà del piacere per andarci”. “La vita non è una corsa. Prendila piano. Ascolta la musica”.
In questo tempo di costante minaccia di recessione economica chissà che l’umanità non riesca ad assumere come metro di misura vero del progredire la qualità, abbandonando l’ossessione della quantità, per dare un senso a tutti i minuti che viviamo come se stare a riposo, pensare, formarsi, fosse un crimine o tempo perso. È quel tempo li che manca, che è il tempo della pausa mentale del riposo della riflessione interiore. Il progresso ha migliorato la nostra vita per mille ragioni ma ha elevato i bisogni rendendoci quasi schiavi.
Sarebbe il trionfo della nostra interiorità celata. Un ben altro rapporto con il tempo della nostra vita.
il direttore
Arrivederci a Trevi (PG) al nostro 26° Convegno Nazionale dell’ 8-9-10 aprile prossimo, vedi programma alle pagine 6 e 7 di In Dialogo 111.
Abbiamo leggermente rivisto la grafica della nostra rivista, mantenendo lo stesso formato.
Con questo numero si aggiungono due nuove rubriche, la prima:
Musiche di liberazione, che sarà curata dal giovane Andrea Zoboli, laureato in Scienze Politiche e ricercatore all’Università di Bologna.
La seconda: Cinema e vita, curata dalla professoressa Cristiana Albertini.
A pagina 8 troverai una lettera aperta scritta da Erri De Luca come risposta all’amica Bibiana che gli aveva chiesto spiegazione sull’articolo pubblicato nel numero di dicembre 2015: “Pensieri per Gerusalemme”.
Ci ha lasciati improvvisamente la nostra cara Giusi Lauro in Gallo moglie di Giorgio che da sempre cura la rubrica sulla Palestina. Le nostre più sentite condoglianze da tutte le amiche e gli amici della Rete a Giorgio e ai figli.