Articolo 3, comma 1, della Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Christian ha tre anni. È nato e cresciuto in Campania. Non sente. Christian è di etnia rom.
Secondo il servizio sanitario campano, Christian non ha diritto all’apparecchio acustico.
Articolo 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”
Qual è il problema? Christian non è cittadino italiano e non è residente in Italia data la sua condizione di nomade. Per usufruire del servizio pubblico, Christian avrebbe bisogno del tesserino ENI, acronimo di europeo non iscritto, che però non garantisce cure gratuite e i genitori di Christian quelle cure non possono permettersele.
Articolo 3, comma 2, della Costituzione italiana: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Cosa si fa? Niente. Non c’è soluzione. Un bambino di neanche tre anni, nella moderna, civile, ricca e occidentale Italia non ha il diritto di sentire perché i suoi genitori non possono permettersi l’apparecchio acustico. O meglio, lui il diritto ce l’ha, la Costituzione, come abbiamo visto, lo prevede, la Costituzione obbliga lo Stato a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Ma cosa significa? Cosa mai potrebbe lo Stato?
La soluzione è semplice e sarebbe la soluzione non solo per Christian, ma per tante altre differenti e disparate storie, per tanti altri bambini che non sono uguali agli altri semplicemente a causa dei documenti dei genitori.
La soluzione è semplice, la soluzione è lo ius soli.
La soluzione sarebbe quella di riconoscere la cittadinanza italiana a tutti i bambini che in Italia nascono e crescono. A tutti quei bambini che sono italiani, perché in Italia hanno cominciato a parlare a camminare e a vivere. Una nazione questo è: una lingua, un luogo, una storia.
Purtroppo per quanto se ne parli, per quanto sembri così ovvio e semplice, la battaglia per lo ius soli è una delle più difficili da portare avanti. Si crea disinformazione, la questione si mescola ai forse più complicati temi dell’immigrazione, della crisi economica, che in realtà non c’entrano niente: lo ius soli serve solo a tutelare dei bambini, i più innocenti, i più indifesi.
E così affermare che ogni bambino nato in Italia ha lo stesso diritto a essere curato, ad andare a scuola, a partecipare alle gare sportive coi suoi compagni, diventa impossibile, o almeno impossibile da tradurre in legge.
Fortunatamente c’è chi ci crede, c’è chi, convinto che tutti i bambini siano uguali, riesce a fare la differenza.
Articolo 2 della Costituzione italiana: “La Repubblica […] richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Lo scorso 19 marzo all’ex-opg occupato “Je so Pazzo” di Napoli è stato organizzato un concerto di raccolta fondi per l’acquisto dell’apparecchio audiometrico per il piccolo Christian.
L’idea ha funzionato e il 7 aprile Christian è finalmente tornato a sentire.
In tutta questa storia solo un articolo della Costituzione è stato rispettato. Solo un principio ha vinto. Uno solo ma bello, bellissimo. Quasi unico. Uno talmente importante che si dice ispiri e permei tutta la nostra carta fondamentale: il principio di solidarietà.
Solo perché hanno reso vivo e concreto questo principio, solo perché hanno dimostrato che la giustizia è qualcosa di più della legalità, solo perché ci hanno ricordato di quanto ancora dobbiamo lottare per rispettare e attuare la nostra carta costituzionale, dobbiamo tutti ringraziare i ragazzi dell’ex-opg occupato “Je so Pazzo”.