I numeri parlano chiaro. Lo dice l’ONU. Un migrante su dieci diventa uno schiavo. Un dossier che mostra come dalle miniere del Congo, ai vestiti cuciti dai bambini nei paesi asiatici, ad altri oggetti che ogni giorno passano dalle loro alle nostre mani. Un passaggio chiaramente conosciuto e al quale consapevolmente non ci tiriamo indietro. Milioni di persone in stato di sofferenza cerca le sponde dell’Europa come meta di rifugio. Chi fugge dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle povertà. Rifugiati siriani, afghani in cerca di asilo, migranti africani e asiatici che cercano lavoro, tra loro i nuovi schiavi che subiscono abusi e sfruttamenti per mero narciso bisogno di guadagno altrui.
Tutto questo non è orrore del passato; accade oggi e palesa la mancata presa d’atto degli insegnamenti che la storia, anche europea, ci ha lasciato. Il rapporto dell’ Onu mostra numeri davvero drammatici; 19 milioni di rifugiati politici, 30 milioni di schiavi, un rapporto 1 a 10 dei 300 milioni in cerca di lavoro per un giro di affari annuo che raggiunge ì 150-200 miliardi di dollari. Europa e America sono la patria della schiavitù sessuale, e secondo i dati le schiave provengono da circa cento paesi. In Africa e in America Latina lo sfruttamento prevale in agricoltura e nei servizi domestici il 60%; In Asia il 50% riguarda le manifatture e la pesca il 25%. Nei paesi più poveri il legame sesso/criminalità e strettamente connesso, lo sfruttamento delle donne si verifica in località remote dove gli uomini faticano in miniere, foreste, piantagioni e allevamenti.
La Cina è il paese dove prevale “il conforto femminile ai dipendenti” e non occorre fare il disegnino per far capire cosa s’intende per “conforto”. Il prolungarsi di conflitti esistenti -nelle frontiere russe e nei paesi arabi- l’alimentare il fuoco di altri, la crisi dovuta alla globalizzazione e la disoccupazione determina esodi di massa che a lungo andare diventano anche difficilmente controllabili. Accade che chi fugge da guerre e miseria -che li si chiami migranti e/o rifugiati, poco cambia- lo fa deliberatamente assistito da intermediari. Gli schiavi sono invece merce di traffico contro la loro volontà. Dentro la tragedia di questi persone si fa largo lo sfruttamento e -sempre secondo l’Onu- a differenza del passato quando gli schiavisti erano arabi, inglesi, francesi, olandesi, etc., oggi sono spesso della stessa nazionalità degli schiavi. Emerge anche un altro dato importante e crudele a pensarlo; un ruolo fondamentale nello sfruttamento lo stanno assumendo le donne assodato che quando le circostanze lo rendono possibile il ruolo di matrone è assunto da chi in precedenza è stata vittima. Gli schiavi sono vincolati, devono rimborsare l’investimento fatto su di essi per acquisto e trasporto. Poi ci sono le schiave del sesso in paesi come la Thailandia, per esempio, dove solo negli ultimi anni si contano circa 3 milioni di adolescenti sparite per finire nei bordelli diventando merce di sesso per i turisti, i maschi a bordo di pescherecci. Ci sono, poi, i bambini soldato; guerre e violenza, come già detto, creano schiavitù. Pratica molto comune in Africa centrale dove è diffuso lo sfruttamento di bambini e adolescenti nelle guerre. Le femmine diventano concubine. Fenomeno, questo, molto diffuso in Siria, Iraq, Libia. Nell’ Africa centrale fa da padrone Boko Haram. Per loro le donne diventano bottino di guerra. Recentemente circa 5 mila schiavi sono stati venduti nella città di Sinjar. Il prezzo appeso al collo di 150 bambine alcune delle quali con età media di circa 7/8 anni sono state portate in Siria e in Iraq dove la pedofilia è cosa diffusa. Infine ci sono i cosiddetti “cuccioli del califfato”, bambini addestrati al suicidio. E se ci indigniamo a leggere questi dati immaginando cosa accada alle bambine schiave del sesso per i combattenti, proviamo a leggere le parole di Papa Francesco: “I nostri cellulari contengono coltan e cassirite, estratti da schiavi in Congo e trafficati in Belgio. Molti indumenti, scarpe e borse che indossiamo, sono manufatti in Asia da minorenni. Il cioccolato che regaliamo contiene cacao della Costa d’Avorio raccolto da bimbi a un dollaro al giorno. La stellina al naso magari proviene dalle miniere di diamanti canaglia in Sierra Leone. La cocaina sniffata in discoteca (222 ton l’anno in Europa) ha forse viaggiato nello stomaco di una «mula» che, dopo averla ingerita in Nigeria, l’ha defecata alla Malpensa. Quanto possediamo, indossiamo o mangiamo è verosimilmente contaminato da sangue, lacrime e sudore di schiavi.” Fatto questo non ci resta che scegliere se accettare impassibili tutto questo. Cosa potremmo fare, è la domanda. E se giungiamo alla risposta, “Possiamo farlo?” Non ci resta che dire – facciamo presto.
Golpe in Brasile
A presiedere l’assemblea della Camera, il suo presidente, Edoardo Cunha, plurinquisito per corruzione e titolare con vari familiari di più conti milionari in banche svizzere e a Panama. Il parlamento brasiliano attuale è il più conservatore e corrotto della recente storia della democrazia di quel paese.
Più della metà di quei deputati è inquisita per corruzione o altri crimini. Ognuno di loro ha però votato in nome di Dio e della sua famiglia, in nome di un futuro migliore per il Brasile e contro la corruzione.
Un festival osceno della peggiore ipocrisia e del peggior cinismo. Nessuno di loro ha fatto riferimento alle motivazioni dell’impeachment. Nessuno ha discusso se la presidente Dilma fosse o meno responsabile di un’alterazione criminale dei bilanci dello stato. Tutti sapevano che non lo era. L’importante, tra cori da stadio, era votarle contro. Metter fine al vagabondaggio “retribuito”, cioè ai programmi di spesa sociale e redistribuzione del reddito dell’era Lula.
Ratificata la decisione anche dal Senato, il nuovo potere ha già la sua espressione governativa. In queste settimane si sono consumati tutti gli accordi di spartizione delle cariche e sottoscritta la lista dei nuovi governanti. Si è pagato il conto dell’operazione impeachment.
Presidente diverrà Michael Temer, anche lui sospetto di corruzione. Una beffa incredibile. Se Dilma è responsabile di crimini di bilancio, altrettanto lo è Temer, essendo all’epoca vice presidente.
Eduardo Cunha, espressione dei gruppi imprenditoriali e finanziari più famelici ed aggressivi, sarà di fatto il nuovo vice presidente. Povero Brasile…
il Direttore