sul quotidiano israeliano Haaretz
“Un giorno, il giorno di Gerusalemme diventerà giorno di lutto nazionale. Le bandiere saranno a mezz’asta”, ha il coraggio di scrivere il giornalista israeliano, che descrive come una vergogna questa giornata di celebrazione israeliana dedicata, sotto scorta militare, e in modo provocatorio, alla gloria dell’annessione di Gerusalemme, che si è svolta domenica, mentre i Palestinesi della Città Vecchia si preparavano al ramadan.
“Un giorno, il giorno di Gerusalemme diventerà giorno di lutto nazionale. Le bandiere saranno a mezz’asta.
Le sirene urleranno e gli Israeliani si raccoglieranno in memoria del loro sogno svanito. Il 28 del mese di Iyar segnerà il giorno del lutto di Israele, incastrato fra il giorno della commemorazione dei soldati scomparsi e Tishna, che è un giorno che rende omaggio allo svanire del sogno e che cade prima del giorno del memoriale della distruzione del tempio.
Il giorno di Gerusalemme segnerà la fine dei loro 19 brevi anni di innocenza e l’inizio della malevolenza istituzionale e sistematica. Non riusciranno a capire né come, per tanti anni, abbiano osato celebrare il giorno dell’occupazione come una festa nazionale istituita per legge, né come abbiano potuto vedere in Gerusalemme – la città simbolo della tirannia e del razzismo del loro Stato – l’oggetto dei loro desideri. Quando ciò accadrà, se un giorno accadrà, allora sapremo che la società sarà guarita dalla sua malattia fatale.
Oggi, solo una minima parte di Israeliani celebrano il giorno di Gerusalemme. Esso non rappresenta niente per la maggior parte di loro, siano essi laici, ortodossi o arabi. Questa festa nazionale è stata e resta una festa di religiosi sciovinisti, celebrata da una minoranza di bruti, nella loro maniera così particolare. Commemorano la più grande gioia di Gerusalemme rallegrandosi della disgrazia degli altri, andando in giro con delle bandiere, con la grande soddisfazione di danzare sopra la dignità dell’altra Nazione, alla quale Gerusalemme appartiene in egual misura.
Una povera città, sporca e trascurata, che gli Ebrei laici lasciano appena possibile, alla quale i Palestinesi si aggrappano con tutta la loro povera forza e che gli Ebrei religiosi, sciovinisti ed estremisti occupano da molto tempo. Gerusalemme è la città che sparge le metastasi dell’occupazione in ogni quartiere palestinese, con l’unico scopo di farvi regnare la miseria, di saccheggiare, di opprimere e di spossessare. E tutto ciò viene fatto sotto gli auspici delle autorità, compreso il potere giudiziario, considerato il più illuminato.
Si tratta di una città evidentemente bi-nazionale che avrebbe potuto essere un paradigma di coesistenza in uno Stato democratico, una sorta di vettore per ristabilire una relativa giustizia. Invece, Gerusalemme è diventata l’essenza del saccheggio, dell’aggressione, delle violenze e dell’arroganza di Israele.
Io adoravo Gerusalemme quand’ero giovane. Anche durante il breve periodo di assestamento dopo l’orgia di violenza del 1967, che ci ha toccato tutti, noi eravamo sempre soggiogati dalla sua stupenda bellezza. In quell’epoca credevamo ancora alle menzogne che ci raccontavano, che la città era liberata ed unita e che il Viennese liberale Teddy Kollek era un conquistatore illuminato.
Ben presto Gerusalemme avrebbe visto la sua bellezza mutilata oltre l’immaginabile, niente è rimasto ed è iniziata l’inevitabile crudeltà. Solo i ciechi e gli ignoranti possono ancora apprezzare oggi questo triste spettacolo. Chi può aver piacere di visitare una città in cui ogni pietra grida all’occupazione?
Con la squadra di calcio più razzista della lega, e il sindaco più sciovinista del governo locale, non è un caso se Gerusalemme è diventata il simbolo dell’occupazione, e la prova più convincente della segregazione. Più di un terzo degli abitanti di Gerusalemme, cioè il 37 %, sono dei Palestinesi, che dovrebbero avere gli stessi diritti ma che sono assoggettati in ogni modo possibile. Non è una semplice coincidenza se è qui che è nata la ribellione disperata dei solitari, la terza intifada.
Avrebbe potuto essere diverso. Se Israele avesse riconosciuto i Palestinesi come uguali agli Ebrei e se i Palestinesi avessero avuto gli stessi diritti degli Ebrei, oggi Gerusalemme ed Israele sarebbero diversi. Ma Israele non ha mai resistito alla tentazione. 49 anni fa, giorno più giorno meno, Israele conquistò una parte della città, e dal quel giorno ha fatto di tutto per distruggerla moralmente.
Ecco ciò per cui piangeremo, il giorno verrà, nel giorno di Gerusalemme.”
Gideon Levy