Manca circa un’ora prima che l’incontro inizi e ho il cuore in tumulto. Mi trovo in un luogo splendido, la “Chapada dos veaderos”, a tre ore da Brasilia, in un Ashram che ospita il Festival “Ilumina”. Si tratta di un evento il cui intuito è promuovere laboratori e spettacoli che abbiano il potere di contribuire al risveglio della coscienza umana. Sono stato invitato a proporre la danza di Maria Fux e, come tutti gli altri collaboratori, avrò sessanta minuti a disposizione.
Il Festival inizia alle otto del mattino e prosegue fino a mezzanotte. In un ventaglio meraviglioso di proposte, centinaia di persone si alternano in attività, tuffi nelle cascate cristalline, canti, meditazione. L’inverno brasiliano ha dipinto il cielo di un azzurro intenso da cui le nuvole, svenendo, sono evaporate. Il sole è assolutamente sovrano e guarda dall’alto questa terra su cui da mesi non cade una goccia di pioggia. I prati hanno cambiato colore e, ad ogni passo, sospiri di polvere si alzano per impregnare l’aria di un sapore di deserto. Ma, nulla lotta contro l’armonia di questa giornata che fluisce in equilibrio.
Il mio intervento è alle sedici e sento la responsabilità di condividere la danza con queste persone che cercano, sorridono, si aprono. Sono veramente tante e ho bisogno di trovare un luogo in me in cui riposare, affidarmi, respirare. Percepisco che l’attività precedente alla mia produce un senso di euforia esterno e… preferisco non preoccuparmi nonostante alcuni pensieri insistano nel mostrarmi che evocare un movimento più intimo potrebbe non essere esattamente qualcosa di immediato.
Mi avvicino, mancano pochi minuti, il gruppo è immenso. Sono tutti accaldati, colorati. Ascolto qualcuno che dal palco mi presenta e come in una apnea silenziosa e repentina, mi tuffo. Devo strapparmi di dosso il microfono che mi hanno messo in testa perchè non riconosco la mia voce e voglio stare con loro, semplicemente. Non ho nulla da insegnare, solo la mia nudità e la mia fede nella danza che mi ricorda incessantemente chi sono.
Sono circa duecento persone. Percepisco che nel giro di pochi minuti la voce che abita nel mio cuore, la voce del mio Maestro, chiama i loro Maestri. Non esiste resistenza, distanza, paura, solo un intimo fluire e respirare. Non esistono nomi o storie sconosciute di ciascuno di noi, non prevalgono le differenze di età, di sesso, nulla.
Siamo “Uno” nel miracolo che si ripete.
I minuti passano senza che me ne accorga mentre i loro occhi si accendono, si sciolgono in lacrime di emozione e i nostri cuori danzano trascinando il corpo che si trasforma continuamente in onde, vibrazioni, immersioni.
Arriviamo alla fine, che è un nuovo inizio, storditi da quanto si è presentato, una magia che noi stessi abbiamo evocato e reso presente.
Ci guardiamo da questa nuova coscienza e per un po’ il mondo si riassesta nonostante le tragedie, le incoerenze, la politica squallida e la crisi.
Li guardo e penso che quasi non so contenere questo Amore così forte e chiaro che sento per ciascuno.
Gli abbracci non finiscono mai e fino al momento di partire si ripetono, si moltiplicano, si ricreano.
E’ notte già e con Gabriel sono in un piccolo ristorante in città, lontano dal festival.
Abbiamo fame.
Mentre aspettiamo che il cibo venga servito si avvicina un signore anziano che sembra essere uscito da un film sugli Hobbit.
Mi dice: “La danza risiede nel cuore. E tu, tu non fermarti mai… È quello che sei venuto a fare. Non fermarti mai”
Non credo di averlo mai visto e neanche Gabriel lo ricorda.
Forse non esiste, forse viene da un racconto.
Non importa. Lo riconosco per il messaggio che porta e nella fede che mi abita.
Ed è così che ringrazio di esserci, di essere vivo e di sentire che sono parte di un miracolo, di una magia.
Goccia d’acqua e vento, occhi e cuore.