Carissima, carissimo,
oggi il Brasile vive una crisi generalizzata gravissima, si fa sentire come un barcone alla deriva, abbandonato alla mercé dei venti e delle onde. Il timoniere, il presidente Temer, è accusato di crimini, circondato da marinai-pirati, in maggioranza (con nobili eccezioni) ugualmente corrotti o accusati di altri crimini. E’ incredibile che un presidente detestato dal 96% della popolazione, senza nessuna credibilità, senza carisma, voglia stare al timone di una nave mal governata.
Non so se per ostinazione o vanità, elevata a potenza in grado stratosferico. Ma, impavido, continua a stare là nel Palazzo, comprando voti, distribuendo benefici, corrompendo per evitare che risponda allo STF (supremo tribunale federale) a pesanti accuse di cui è imputato. E’ praticamente prigioniero di se stesso. In qualsiasi posto appaia in pubblico, sente subito il grido: “Via, Temer”.
E’ una vergogna internazionale essere arrivati a questo punto, dopo aver conosciuto l’ammirazione di tanti altri paesi per le politiche coraggiose fatte a favore delle grandi maggioranze impoverite, grazie ai governi progressisti Lula e Dilma. Può la diffamazione degli oppositori, di tutti i mass media appoggiati da gruppi legati allo establishment internazionale che vuole mettere tutti in linea con le sue strategie, tentare di demonizzare la figura di Lula e smontare il merito dei benefici che lui aveva offerto ai diseredati della terra? Non riescono ad arrivare al cuore della gente. Il popolo sa e testimonia, nonostante errori ed equivoci, è innegabile che Lula ha sempre amato i poveri e stava al nostro fianco. Più che pane, luce, casa, accesso all’educazione tecnica o superiore, ha restituito dignità; sono persone umane e non sono più condannati all’invisibilità sociale.
Vogliono distruggere Lula come leader politico e come persona. Non ci riusciranno, perché la menzogna, la distorsione, la volontà rabbiosa e persecutoria di un giudice giustiziere che giudica più con la lotta politica che attraverso il diritto, mai potranno cancellare l’immagine di uno che si è trasformato in un simbolo e in archetipo in Brasile e nel mondo.
Lula si è trasformato in un simbolo per la sua vita e per il bene che ha fatto agli altri, diventando indistruttibile agli occhi dei poveri. È diventato il simbolo di un potere politico che per la prima volta ha dato segnali chiari di inclusione ai poveri, agli esclusi, a uomini e donne segnati da profonde ferite. Il simbolo penetra il profondo delle persone. Rende superflue le parole. Parla per se stesso. Il simbolo possiede un carattere misterioso che attrae l’attenzione di chi ascolta, persino degli scettici. Il carisma è l’irradiazione più potente che conosciamo. Lula possiede questo carisma che si traduce in tenerezza per gli umili e per il vigore con cui porta avanti la causa per la liberazione. Questi, a cui l’attuale presidente sta togliendo tutti i diritti guadagnati con le amministrazioni Lula e Dilma, messi a tacere, adesso si sentono nuovamente rappresentati da lui.
Oltre che simbolo, Lula è diventato un archetipo del leader che ha cura e che serve. E’ un leader che serve una causa che è superiore a lui stesso, la causa dei senza nome e senza voce, dei senza diritti. Essi sostengono che questo tipo di leader fa cose che sembrano impossibili. Questo l’ho ascoltato e percepito in queste settimane passate in Brasile nelle parole di molti che dicono: “Scegliendo lui, noi stiamo votando per noi stessi. Fino ad oggi eravamo obbligati a votare qualcuno tra i nostri oppressori, adesso votiamo uno dei nostri che può rinforzare la nostra liberazione”.
L’azione politica di Lula possiede una rilevanza di magnitudo storica. Lui ha la coscienza di questa sfida è basata sul sapere se il Brasile avrà un futuro come Nazione che conta nella costruzione di un nuovo Brasile e una nuova umanità, oppure se prevarranno ancora una volta chi ha tenuto soggiogato e sottomesso il suo popolo per secoli.
Il popolo sta soffrendo molto nel costatare che l’attuale governo è unicamente impegnato a cancellare e interrompere il processo di partecipazione e di dignità per tutti, ha cancellato l’80% del programma sociale, violando la democrazia e la Costituzione, con riforme e privatizzazioni, perfino con la vendita di terre nazionali a stranieri.
E’ iniziata una nuova colonizzazione per essere meri esportatori di “commodities” invece di creare le condizioni per tra- sformarle direttamente nello stesso Brasile, questo fa si che l’attuale presidente e il suo governo siano dei venditori ambu- lanti delle ricchezze del loro paese, cinicamente indifferenti alla sorte di milioni di brasiliani che dalla povertà dignitosa stanno cadendo sempre più nella miseria e dalla miseria nell’indigenza.
Gli attuali “gestori” della politica non solo stanno tradendo le aspettative della gente, ma rappresentano soprattutto inte- ressi personali e corporativi, in particolar modo di coloro che gli hanno finanziato la campagna elettorale.
Incontrando i referenti dei nostri progetti, ho taccato con mano la trasformazione in atto nel Paese. Sono decuplicate le persone che vivono in strada, i centri sociali e le associazioni sono continuamente visitate da persone che hanno perso il lavoro e che chiedono un pasto ecc…
Domanda: perché oggi in generale nella nostra società neoliberista e in particolare nella Chiesa è quasi impossibile parlare dei poveri e dei meccanismi che li creano?
Papa Francesco incita continuamente ad essere pastori in mezzo al gregge e non capi del gregge, proprio per sentire “l’odore delle pecore”.
Don Tonino Bello, grande vescovo, morto prematuramente, richiamava la Chiesa per esigenze evangeliche, a far proprio il potere dei segni e non adottare e praticare i segni del potere: la “Chiesa del grembiule”. Perché non fosse una “povera Chiesa” ma una “Chiesa povera”.
Oggi molti rappresentanti della gerarchia della Chiesa e varie associazioni laiche a lei legate sono contrarie alla linea di papa Francesco. Vari sono gli atteggiamenti che li contraddistinguono, dalle manifeste denunzie, al mormorazioni contrarie o silenzi premeditati in merito alla sua predicazione, sostenendo una tradizione unicamente preconciliare e antievangelica. Come può ancora sussistere questo tipo di Chiesa di fronte a fatti inaccettabili, come la denuncia fatta all’inizio dell’anno dall’associazione inglese Oxfam nel suo rapporto sulla povertà, dove si afferma che otto miliardari hanno un reddito pari alla metà della popolazione mondiale, 3,6 miliardi. Come si può parlare di esclusione sociale, di lotta al terrorismo, di pace tra i popoli se una notizia come questa è finita nel nulla. Chi ne parla, la politica?
Ecco i nominativi degli otto miliardari: Bill Gates, Amancio Ortega, Warren Buffett, Carlos Slim Helu, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Larry Ellison e Michael Bloomberg.
A riprova che l’attuale sistema economico finanziario mondiale continua peccaminosamente a favorire l’accumulazione di risorse nelle mani di pochi nababbi ai danni dei più poveri, in maggioranza donne.
Ciò evidenzia come le multinazionali e i potenti continuano ad alimentare l’esclusione sociale, facendo ricorso all’evasione fiscale, massimizzando i profitti comprimendo verso il basso i salari e usando il loro potere per influenzare la politica e finanziare l’economia. Il sistema è incentrato su investimenti di denaro che generano denaro e poi ancora denaro a non finire. Con il risultato che l’economia reale, quella della ricchezza prodotta dal lavoro, è di fatto soppiantata da quella finanziaria.
Basta pensare che l’import-export di beni e servizi, a livello mondiale, è stimato intorno ai 17 mila miliardi di dollari all’anno, mentre il mercato valutario ha superato abbondantemente i 5.000 miliardi al giorno. Ecco che allora, alla prova dei fatti, nel mondo circola più denaro in quattro giorni sui circuiti finanziari che in un anno nell’economia produttiva reale.
Credo che sia urgente, utile e necessario iniziare a disaffezionarsi da tutto ciò che è personale e scoprire giorno dopo giorno l’aspetto collettivo, la contiguità e l’interazione, solo così possiamo dare un contributo a questa nostra società incancrenita dall’egoismo e dell’egocentrismo, e accettare la sfida del “NOI”.
Chiudo questa lettera manifestando solidarietà all’amico don Massimo Biancalani parroco di Vicofaro (Pistoia) per le gravi minacce ricevute anche in questi giorni, in virtù della sua scelta di aver ospitato migranti e senza casa italiani nelle sue due parrocchie.
Sono quattro i verbi che papa Francesco ha richiamato nel suo discorso del febbraio scorso all’incontro “Migrazioni e pace”: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.
L’accoglienza è la base del Vangelo, chi ha fatto l’esperienza di essere ignorato, rifiutato, abbandonato sa quanto è importante sentirsi accolto. Il Vangelo dà la parola a persone che si aprono, che fanno spazio, per essere riempiti.
Accogliere è apertura, accogliere non è solo ospitare ma ricevere, accogliere è sovversivo, rompe la fede dei muri. L’accoglienza di don Massimo è una risposta al mare che vide un giorno partire le caravelle dei conquistatori e oggi vede arri- vare i figli dei conquistati, che chiedono giustizia e riparazione anche a costo della propria vita.
Antonio