Un appello della Società civile per la Palestina contro la deportazione, un articolo di Amira Hass (Haaretz) e uno di Tamara Nassar (The Electronic Intifada), il comunicato di B’Tselem . Anche la “scuola di gomme” costruita dalla ong italiana Vento di Terra, sarà demolita.
Dopo 9 anni di iter processuale il 5 settembre 2018 la Corte suprema israeliana ha emesso il proprio verdetto definitivo: La Scuola di gomme deve essere demolita assieme al villaggio di Khan al Ahmar entro la prossima settimana e la popolazione deportata nei pressi della discarica di rifiuti di Al Jabal.
La Scuola di Gomme fu costruita con fondi della Cooperazione italiana dalla Ong italiana Vento di Terra con un progetto originale che si riuscì a realizzare grazie all’impegno della locale comunità beduina Jahalin, all’economicità dei materiali utilizzati ed ai tempi rapidi di costruzione. La Cooperazione italiana rispondeva in tal modo alla pressante richiesta dei beduini Jahalin di poter contare su di una scuola per i propri figli.
La comunità Jahalin ha subito un trasferimento forzato negli anni ‘50 dal deserto del Negev ove viveva prima della Guerra del 1948, alle pendici aride delle colline fra Gerusalemme e Gerico per motivi definiti di “sicurezza” dalle autorità militari israeliane. Alle comunità beduine va risparmiata la condizione di divenire vittima di un’ulteriore pulizia etnica,
d’essere sgomberati per far posto ad un’ulteriore espansione delle colonie israeliane, dichiarate illegali da decine di risoluzioni dell’ONU. È importante ribadire che tali colonie siano state insediate su territori occupati nel 1967 dall’esercito israeliano in violazione della legislazione internazionale e dagli Accordi di Oslo, sottoscritti nel 1993.
Le comunità beduine hanno gli stessi inalienabili diritti di ogni essere umano, diritti proclamati 70 anni fa dall’Assemblea delle Nazioni Unite: diritto alla vita, al lavoro, all’acqua, al movimento ed in particolare, nel caso della Scuola di gomme, all’istruzione e ai servizi di base. Ribadendo che la scuola è stata realizzata nel rispetto della Legislazione internazionale, si richiama il fatto che, a fronte dell’insediamento illegale di 40 mila coloni nell’area, ai palestinesi residenti nell’area dal ’67 non è stato riconosciuto dall’Autorità militare permesso alcuno per la costruzione di edifici pubblici.
Si fa appello al Governo Italiano e alla Comunità europea, alle Nazioni Unite, alla comunità internazionale, affinché vengano posti in atto tutti gli strumenti diplomatici possibili per scongiurare un’azione da parte dello Stato israeliano che avverrebbe in violazione delle legislazioni internazionali e della Quarta Convenzione di Ginevra. Alla luce dell’impegno profuso in questi anni, alla partecipazione diretta del Ministero degli esteri al progetto per tramite della Cooperazione allo sviluppo, si sollecita il Governo
italiano a intervenire presso le Autorità israeliane richiedendo la sospensione delle demolizioni e la tutela dei diritti delle comunità locali.
Si fa appello affinché l’Unione Europea con il tramite dell’Alto rappresentante Federica Mogherini attivi gli strumenti diplomatici atti a proteggere la popolazione residente e tutelarne i diritti. Si fa appello inoltre alla società civile affinché si sviluppino le opportune iniziative di solidarietà e si acceleri la raccolta firme in favore della scuola, pubblicata sulla piattaforma Change.
SOCIETà CIVILE PER LA PALESTINA
Pax Christi, Saalam Ragazzi dell’Ulivo Milano, La tenda di Amal, Assopace Palestina, COSPE Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti, Vento di Terra Ong, Associazione amicizia Italo palestinese, BDS Italia, Rete Ebrei Contro l’Occupazione, Comunità Piagge, L’Ulivo e il Libro, Associazione Oltre il mare, Istituto di Ricerca per la Pace (Italy) – Rete Corpi Civili di Pace – IPRI rete CCP, Donne in Nero di Torino, Salaam Ragazzi dell’Ulivo Padova, Invicta Palestina, Comunità Palestinese Toscana, Comunità Palestinese di Lombardia, VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, Centro Sereno Regis
8 settembre 2018
www.facebook.com/societacivileperlapalestina
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L’espulsione degli abitanti di Khan al-Ahmar puzza tremendamente
Haaretz, 4 settembre 2018
Questa è una frottola anti-semita, direbbe l’editore di un giornale inglese prima di archiviare un simile sevizio del suo ufficio Medio Oriente. L’editore di un notiziario televisivo tedesco darebbe un’occhiata al servizio del suo inviato a Gerusalemme, si metterebbe paura e direbbe: “Scòrdatelo; sai quante lettere e telefonate di protesta riceveremmo se pubblicassimo questa roba? Direbbero che stiamo mandando in onda un capitolo dei Protocolli dei Savi di Sion [falso documento anti-sionista dei primi del ‘900, ndt].”
Chi, infatti, potrebbe inventare una storia simile se non i nemici di Israele? Cioè che lo stato ebraico e democratico possa offrire a dei non-ebrei queste due opzioni sul posto in cui vivere: o vicino a una discarica di rifiuti o vicino a un impianto di depurazione di liquami?
Per fare in modo che l’area dove sono vissuti per decenni possa essere sgomberata così da permettere l’espansione delle ville ebraiche? Solo Jeremy Corbyn potrebbe inventare una tale assurdità, direbbero i capi londinesi della comunità ebraica. Ma purtroppo questa non è un’invenzione di chi odia gli Ebrei. È la verità.
L’Alta Corte di Giustizia di Israele ha richiesto all’ufficio del procuratore generale di spiegare per iscritto la proposta avanzata da quest’ultimo per mitigare in qualche misura il decreto di forzata espulsione dei Beduini della tribù Jahalin da Khan al-Ahmar, che era stato precedentemente approvato da un diverso collegio di giudici.
Ancora una volta, i dettagli sono necessari, perché la tattica del governo consiste nell’offuscarli. Ed ecco anche qui i dettagli, perché questo non è un episodio isolato. Espulsioni simili sono avvenute da quando furono firmati gli Accordi di Oslo. Ora il progetto è quello di liberare dai Beduini-Palestinesi una vasta area del territorio della Cisgiordania, per continuare ad espandere le colonie. Se si riesce ad espellere la comunità che è diventata popolare grazie alla sua scuola costruita con le gomme, questo sarà il segnale per un’espulsione di massa di altre comunità palestinesi.
Alla richiesta dell’Alta Corte, i procuratori Ran Rosenberg e Hadas Eran hanno dato questa risposta scritta: gli sfrattati saranno inizialmente sistemati in tende fornite dallo stato, in una località chiamata Jahalin-West (vicino alla discarica di rifiuti di Ma’ale Adumim). Poi, in un futuro imprecisato, verrà assegnata a loro e ad altre tre comunità della stessa sotto-tribù, Abu Dahuk, un’area di 255 dunam (25,5 ettari) su cui costruire le loro case. Se lo desiderano, “c’è anche la possibilità di connettere le strutture del futuro piano urbanistico alle tubature idriche che si trovano a 1,3 km di distanza.” Perbacco! Acqua corrente, che offerta allettante. Certamente gli sfollati [israeliani] di Amona non hanno ottenuto altrettanto.
Ma non basta. C’è l’ipotesi di un altro piano preliminare, cioè di allacciarli al sistema fognario. Così hanno scritto i procuratori, col sostegno di una dichiarazione ufficiale del maggiore Yaniv Ben-Shoshan, vice-capo delle infrastrutture nell’Amministrazione Civile: “Al livello ambientale, esiste in quest’area la possibilità di connettere il sistema fognario all’impianto per il trattamento dei liquami [della colonia] di Vered Yeriho, che si trova vicino all’alternativa proposta (a est di Mitzpeh Yeriho).”
Così, in un inciso, un documento presentato ai giudici dell’Alta Corte afferma che l’alternativa proposta si trova vicino all’impianto di trattamento dei liquami di Vered Yeriho.
È proprio così? Foto aeree allegate alla proposta, e fornite anche all’avvocato dei Beduini, Tawfiq Jabarin, non erano chiare. Allora quest’ultimo ha richiesto e ottenuto foto più chiare, in cui si vede che il sito proposto non è vicino all’impianto di trattamento di liquami di una colonia, ma è vicino al grande Impianto Regionale di Trattamento di Og. Quest’ultimo impianto tratta i liquami delle colonie di Ma’ale Adumim e Kfar Adumim. Ironia della sorte, queste sono proprio le colonie che spingono per sfrattare i Beduini dal posto in cui vivono.
Dopo che l’avvocato Jabarin ha smascherato questo travisamento e tutti i difetti dei piani dell’Amministrazione Civile, questi sono stati un po’ ripuliti. Le dimensioni del sito di ricollocamento sono state ridotte, in modo che rimarrà un po’ più distante dall’impianto. La versione migliorata del piano presentato ora dai procuratori cerca di nascondere il precedente tentativo di copertura.
I procuratori hanno ribattezzato il grande impianto di trattamento col nome di Vered Yeriho, e solo tra parentesi hanno aggiunto il nome Og. Ma questo nome non esiste in altri documenti ufficiali. Cercano di cavarsela col nome HaOg S.T.P. Una cosa soltanto vorremmo chiedere: perché non dicono all’Alta Corte che è stato loro richiesto di approvare uno sfratto in un sito che si trova al limite di un impianto regionale di trattamento dei liquami?
https://www.haaretz.com/misc/writers/WRITER-1.4968114
Traduzione di Donato Cioli
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ALTA CORTE ISRAELIANA AUTORIZZA CRIMINE DI GUERRA
tratto da The Electronic Intifada
di Tamara Nassar – 5 settembre 2018
L’Alta Corte israeliana ha dato l’approvazione definitiva alla deportazione della comunità palestinese di Khan al-Ahmar, nella Cisgiordania occupata.
Il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem afferma che la decisione renderà i giudici complici di un crimine di guerra se la demolizione – che dovrebbe avvenire a giorni – avrà luogo.
Inizialmente la corte a maggio aveva approvato la demolizione dell’intero villaggio, ma l’azione era stata temporaneamente sospesa a luglio, dopo che gli avvocati dei circa 200 abitanti di Khan al-Ahmar avevano presentato due ricorsi all’Alta Corte.
I giudici hanno accettato uno dei ricorsi ed hanno tenuto un’udienza in agosto.
Mercoledì l’Alta Corte l’ha respinto, ha revocato la sospensione provvisoria e ha dato alle autorità israeliane il via libera per espellere gli abitanti entro una settimana.
Il giornale israeliano “Haaretz” [di centro sinistra, ndtr.] ha affermato che i giudici “hanno detto che il principale problema di questo caso non era se si dovesse portare a termine l’espulsione, ma dove sarebbero stati risistemati gli abitanti.”
Israele vuole deportare a forza gli abitanti di Khan al-Ahmar in una zona nei pressi di una discarica nota come al-Jabal ovest.
Uno dei giudici ha respinto la richiesta degli abitanti di sospendere l’evacuazione finché non avranno trovato un luogo alternativo per andare a vivere ed ha criticato il loro rifiuto di vivere nei pressi della discarica.
Molto prima della decisione della corte di mercoledì Israele ha iniziato i preparativi per la demolizione del villaggio.
Non c’è giustizia nei tribunali israeliani
Nella loro sentenza, i giudici dell’Alta Corte israeliana “hanno descritto un mondo immaginario con un sistema di pianificazione uguale per tutti che prende in considerazione le necessità dei palestinesi, come se non ci fosse mai stata un’occupazione,” ha detto mercoledì B’Tselem.
“La realtà è diametralmente opposta a questa fantasia: i palestinesi non possono costruire legalmente e sono esclusi dai meccanismi decisionali che determinano come saranno le loro vite,” ha aggiunto l’associazione. “I sistemi di pianificazione sono esclusivamente destinati a beneficiare i coloni.”
“Questa sentenza mostra ancora una volta che chi è sotto occupazione non può chiedere giustizia nei tribunali dell’occupante,” ha affermato B’Tselem.
I dirigenti israeliani festeggiano un crimine di guerra
I dirigenti israeliani hanno lodato i giudici per aver approvato la deportazione della comunità, che in base alle leggi internazionali è un crimine di guerra.
Secondo le leggi che governano un’occupazione militare, un occupante può spostare persone in caso di necessità militari. Ma Israele vuole espellere gli abitanti di Khan al-Ahmar dalla zona est di Gerusalemme, dove è impegnato in un’intensa colonizzazione – anche questa in violazione delle leggi internazionali.
Yuli Edelstein, il presidente del parlamento israeliano e membro del partito di governo Likud, si è vantato su twitter che “la pressione” da parte dell’Unione Europea non sia riuscita a bloccare la decisione della corte.
“In Israele c’è una legge e chiunque è uguale di fronte ad essa,” ha affermato Edelstein – l’esatto contrario della realtà.
Diplomatici europei hanno fatto visita a Khan al-Ahmar nello scorso anno per mostrare il proprio sostegno alla comunità, ma, a parte un tale atto simbolico, l’Unione Europea – che fornisce ad Israele notevoli somme in aiuti e commercio – non ha preso nessuna iniziativa per chiedere conto ad Israele.
Allo stesso modo l’UE non ha fatto niente quando Israele ha demolito o confiscato scuole o altri edifici per i palestinesi che essa o suoi Stati membri hanno finanziato.
Pare che diplomatici europei abbiano detto a media israeliani che continuare con la demolizione di Khan al-Ahmar “innescherebbe una reazione da parte di Stati membri dell’UE.”
Comunicato stampa di B’TSELEM
Dopo la sentenza della Corte Suprema israeliana che ha dato il via libera al piano dello stato che prevede la demolizione, nel giro di una settimana, della comunità di Khan al-Ahmar, il direttore di B’Tselem ha scritto una lettera urgente a Federica Mogherini, rappresentante dell’UE per la politica estera, avvertendola che Israele sta calpestando quei valori condivisi che sono alla base delle sue relazioni con l’UE.
Il direttore di B’Tselem, Hagai El-Ad, ha scritto ieri (8 settembre) a Federica Mogherini, Alta Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, sollecitando l’Unione Europea ad agire con urgenza per prevenire la distruzione della comunità di Khan al-Ahmar, dopo che la Corte Suprema israeliana ha dato, all’inizio della settimana (5 settembre) il via libera al piano di demolizione. Secondo la sentenza, a partire dalla metà della prossima settimana, lo stato può demolire le strutture del villaggio, compresa una scuola frequentata da circa 180 bambini, una metà dei quali provengono da altre comunità.
Nella sua lettera, El-Ad cita una dichiarazione del 18 giugno della stessa Mogherini, in cui la rappresentante ammoniva Israele che la distruzione della comunità avrebbe avuto serie conseguenze. Secondo El-Ad, “siamo arrivati al momento in cui queste serie conseguenze devono essere precisate chiaramente, se l’UE vuol mantenere la credibilità delle proprie posizioni.”
Quanto alla sentenza della Corte Suprema, El-Ad nota che “nell’emettere una decisione che è al servizio dell’occupazione, i giudici hanno ignorato sia il contesto unilaterale delle norme di pianificazione (dove costruire “legalmente” è un’opzione riservata ai coloni e negata a persone internazionalmente protette), sia il più generale obiettivo israeliano che è quello di minimizzare la presenza palestinese in tutta l’area C, spostare le comunità locali ed espandere le colonie.”
L’UE naturalmente ha ampie possibilità di produrre un effetto concreto, mostrando a Israele che le sue inaccettabili violazioni dei diritti umani possono avere serie conseguenze e dicendogli esattamente cosa rischia di perdere”, ha scritto El-Ad. “Ogni giorno che passa senza che alcuno dei molti tangibili benefici goduti da Israele venga subordinato alla condizione di cessare ogni violazione dei diritti umani di milioni di Palestinesi e di porre fine all’occupazione, manda un chiaro messaggio ai governanti e al pubblico israeliano: che l’UE accetta l’attuale situazione e anzi in realtà si adopera per sostenerla e aggravarla.”
“La distruzione di un’intera comunità palestinese è la più chiara tra le recenti dimostrazioni dello sfacciato disprezzo di Israele per i presunti valori condivisi che dovrebbero stare alla base dei suoi rapporti con l’UE”, dice El-Al e aggiunge infine: “Siamo a meno di una settimana dalla possibile distruzione di un intero villaggio palestinese. Le conseguenze di ciò potrebbero segnare la fine di tutte le comunità palestinesi della Cisgiordania. Se non si agisce ora, quando?”
I residenti di Khan al-Ahmar appartengono alla tribù beduina Jahalin. Negli anni ’50 furono scacciati dalla zona di Tel Arad nel Negev (che fa parte di Israele) e stabilirono la loro nuova dimora in Cisgiordania, in un’area dove però fu poi fondata la colonia di Kfar Adumim. Furono nuovamente scacciati e si stabilirono nell’attuale sito, circa due chilometri a sud della colonia. La comunità conta 32 famiglie e un totale di 173 residenti, 92 dei quali sono minori. Oltre alle case, la comunità ha una moschea e una scuola che serve circa 180 bambini, metà dei quali provenienti da comunità palestinesi vicine.
Sono anni che Israele ha cercato di allontanare la comunità per vari motivi, tra cui l’espansione delle colonie vicine, l’annessione de facto della zona –senza i residenti palestinesi– e il tentativo di dividere in due la Cisgiordania. Espellere la comunità (o costringere gli abitanti ad andarsene creando condizioni di invivibilità) viola il divieto di trasferimenti forzati stabilito dalla legge umanitaria internazionale. Questa violazione costituisce un crimine di guerra. La responsabilità personale per aver commesso questo crimine sarà da addebitare non solo ai decisori politici (compreso il primo ministro, il ministro responsabile, il capo di stato maggiore e il capo dell’Amministrazione Civile) ma anche tutti a coloro che hanno spianato la strada giuridica che ha portato al crimine.
Traduzione di Donato Cioli di AssopacePalestina (8 settembre)