Da ADISTA n. 43/18
Di questi tempi, in Brasile, anche una piccola vittoria va celebrata come si deve. E quella ottenuta dal Movimento dei senza terra – la sospensione dell’ordine di sgombero dell’accampamento Quilombo Campo Grande, dove vivono e lavorano più di 2mila contadini – ha una valenza simbolica tutt’altro che trascurabile.
Lo scorso 7 novembre un provvedimento di sgombero firmato dal giudice Walter Zwicker Esbaille Junior aveva minacciato la sopravvivenza dello storico accampamento del municipio di Campo do Meio, nel sud di Minas Gerais, nato nel 1998 dall’occupazione di un latifondo improduttivo di 3.900 ettari in cui prima sorgeva lo zuccherificio, poi fallito, di Ariadnópolis, tristemente noto per le sue pratiche aggressive nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente.
È lì, in quella terra irrigata dal sangue e dal sudore di migliaia di contadini, che 450 famiglie hanno dato vita nel corso degli anni, seguendo i principi dell’agroecologia e senza alcun appoggio da parte del potere pubblico, ad una delle maggiori cooperative di caffè dello stato, la Guaií, oltre a produrre grandi quantità di mais e di fagioli, a coltivare 40 ettari di orto e a piantare 60mila alberi da frutta e altre 60mila piante native.
Una minaccia di gravità estrema per tutto il territorio, quello dello sgombero delle famiglie, dal momento che avrebbe comportato l’intera distruzione dell’economia locale, mandando in fumo 20 anni di lavoro e di resistenza, segnati già da sei sgomberi parziali e da altrettanti rioccupazioni. «Abbiamo sfidato la dittatura militare fin dalle origini del movimento», avevano dichiarato i senza terra: «È con questa storia alle spalle e con lo stesso coraggio che le famiglie del Quilombo Campo Grande resisteranno nelle terre di Ariadnópolis». Ed è quanto hanno fatto puntando anche il dito contro uno dei maggiori produttori di caffè del Brasile, João Faria da Silva, indicato come il vero artefice della minaccia di sgombero, e invitando a boicottare le imprese responsabili di acquistare il suo caffè: Nescafé, Caboclo, Pilão, Seleto e Café do Ponto.
La sospensione dello sgombero, disposta dal Tribunale di Giustizia di Minas Gerais, è stata salutata con enorme soddisfazione dai senza terra, a cui Bolsonaro ha già dichiarato guerra in campagna elettorale. Si tratta di «una vittoria costruita con molte mani», ha commentato Tuira Tule, coordinatrice del Mst del sud di Minas Gerais, evidenziando il sostegno ricevuto dai lavoratori di tutto lo stato e di tutto il Brasile, da diverse chiese, da intellettuali, comunicatori, artisti: una vittoria che «dimostra la legittimità del nostro progetto di riforma agraria popolare». Una vittoria che dimostra, soprattutto, che la resistenza è possibile, anche ai tempi di Bolsonaro.