In una poesia Ungaretti descrive alcuni fiumi accanto ai quali si è svolta una parte della sua vita. Il loro corso ha suggerito l’abusata metafora che abbina la corrente allo scorrere del tempo. Il fiume sarebbe una clessidra a senso unico.
Mi sono fatto sorprendere da una frase: ”Il futuro del fiume non è la sua foce, ma la sua sorgente”. Perché da lì continua a sgorgare. Ciò che ci ha preceduto, continuerà a farlo.
Ho visto così in una diversa prospettiva la ricerca degli esploratori che risalivano il Nilo per cercarne l’origine. Andavano contro la corrente per attingere all’inesauribile.
Mi spiego così anche quello che faccio ai miei risvegli leggendo storie sacre in Ebraico antico. Visito un’origine.
Sant’Agostino si chiese in quale lingua avesse parlato Dio. La risposta impossibile non esaurisce la domanda. Si sa in che lingua è stato verbalizzato per la prima volta il suo discorso. Dall’Ebraico antico discendono tutte le traduzioni delle scritture sacre, riunite sotto il titolo di Bibbia, variazione di un plurale greco.
Leggo perciò visito, ma non esploro. La fonte è data e formulata dall’inizio.
“Bereshìt”, in principio, è il suo primo vocabolo. Quel principio non smette di accadere davanti a chi ne legge il seguito.
Ogni mattino su qualunque pagina mi trovi, risalgo a quel principio. Non sono per me articoli di fede, non riconosco le severe tesi né le più libere premesse delle ipotesi, simili per me a un terreno di gioco. “Se” è la più promettente congiunzione. Con i se non si fa la storia? Al contrario: la specie umana avanza per ipotesi.
Leggo da ospite in visita a un deserto. Leggo alla maniera con cui vado in montagna, al culmine della quale non mi sono avvicinato a niente. Mi sono solamente allontanato dalla mia residenza in superficie.
Il mio resta esercizio solitario, che si ripiega con la chiusura del libro.
Riconosco però la forza che spinge un’epoca a ricercare origini. Un fiume è torbido alla foce, limpido alla fonte. L’epoca che va a rileggere le scritture che hanno preceduto la sua civiltà, lo fa per aggiornarsi sul futuro.
Oroscopo è vocabolo greco formato da oros, monte, più il verbo osservare. Si è semplificato in odierne congetture zodiacali, ma aderendo di nuovo alla sua lettera s’intende il suo valore d’uso. Si risale una corrente per migliorare sguardo e orientamento.