Mezzo secolo fa, in data 1 novembre 1969, veniva pubblicato il primo numero di un giornale con il titolo: Lotta Continua. Riportava notizie di agitazioni operaie in Italia, Francia, Germania.
Era anche l’anno di esordio, con lo stesso nome, di un’organizzazione rivoluzionaria pubblica, alla quale ho appartenuto fino al suo dissolvimento nel 1976.
Perché di un giornale fosse autorizzata la pubblicazione, occorreva la firma di un direttore responsabile iscritto all’albo dei giornalisti. Si prestò a questo servizio Piergiorgio Bellocchio, fondatore della rivista Quaderni Piacentini, punto di riferimento della critica sociale negli anni ‘60.
Piergiorgio Bellocchio fu perciò il primo direttore responsabile di quel giornale per i primi numeri di uscita nell’autunno del ‘69. Non scrisse e non partecipò alla redazione. Offrì la sua firma per garantire la libertà di espressione di quel movimento.
Fu incriminato per articoli usciti su quel giornale. Fu processato a Milano e condannato a quindici mesi di prigione.
L’unica pagina che scrisse su Lotta Continua fu quella che riportavano la sua dichiarazione davanti al tribunale.
Nel suo interrogatorio in aula confermò di non avere scritto, né letto prima, né controllato l’attività redazionale. Ma non si nascose dietro la sua funzione di semplice garante.
Durante il suo interrogatorio in aula disse: ”Condivido pienamente nella sostanza il significato degli articoli incriminati”.
Fu arrestato e tenuto in prigione per tre mesi.
Il secondo direttore responsabile del giornale Lotta Continua fu Pio Baldelli, docente universitario e critico di cinema, anche lui processato e condannato.
Altri direttori di garanzia continuarono a succedersi, malgrado i gravi rischi personali, tra questi Pier Paolo Pasolini.
A distanza di mezzo secolo scrivo queste righe in segno di gratitudine per delle figure intellettuali che si esposero con coraggio e generosità, tenendo insieme le loro convinzioni democratiche e gli atti conseguenti della loro testimonianza civile.