Torno a leggere: ”Il diario dall’anno della peste” di Daniel Defoe, su Londra nel 1665. È il migliore documento sulla vita di una città durante un’epidemia sterminatrice.
“Sebbene la peste infierisse soprattutto tra i poveri, erano essi i più temerari… correvano a offrirsi per qualsiasi impresa in cui riuscisse loro di trovare lavoro… assistere i malati, custodire abitazioni chiuse, portare appestati al lazzaretto e, quel che è peggio, portare i morti alla fossa”.
Nella sospensione generale delle attività economiche, chi poteva si trasferiva in campagna e la città era doppiamente svuotata. Defoe nota l’erba che cresce lungo le strade principali, abbandonate da carri e da passanti.
Racconta di un tale John Hayward, pifferaio ambulante che mendicava nelle bettole suonando e cantando. Una notte, ubriaco fradicio, si buttò a dormire in strada, accanto a un cadavere lasciato là per essere prelevato dal carro di raccolta. Il suono della campanella avvisava di allontanarsi, all’arrivo degli addetti. Privo di sensi, il pifferaio fu sollevato e caricato anche lui, mentre il servizio continuava ammucchiando altri corpi sopra il suo. Solo sul bordo della fossa riprese conoscenza e gridò da sotto il carico: ”Ehi, dove sono?” Spaventati, poi divertiti, i facchini del trasporto lo liberarono, ridendo alla domanda del pifferaio: ”Sono ancora vivo, vero?“
Ritrovo la stessa volontà di sorriso nella tragedia, che ascoltavo da bambino nelle storie delle donne di Napoli sotto i bombardamenti aerei. Per raccontare il peggio, bisogna metterci l’antidoto dell’ironia. Aiuta anche la letteratura: Boccaccio ambienta le sue cento novelle al tempo della peste di Firenze, dalla quale sfuggono dieci giovani che decidono di smaltire la quarantena raccontandosi storie.
Rileggo le pagine di Defoe per contrasto tra quella gravità della parola epidemia e quella in corso. In quel tempo non si sarebbero neanche accorti della circolazione di un’influenza polmonare. Reagivano con innumerevoli episodi di solidarietà pubblica e privata, permettendo di sostenersi tra superstiti.
La specie umana, sottoposta a schiaccianti prove nelle avversità, ha saputo tenervi testa.
Leggerne qualche resoconto, aiuta a provarne stima.