Quanto avviene in Brasile in questo agosto-settembre 2019 è all’interno di un percorso che si sviluppa da oltre tre anni di occupazione eversiva delle istituzioni da parte di una limitata élite insofferente a qualunque spiraglio di inclusione sociale. I passaggi principali sono noti: tentativo di sequestro dell’ex presidente Lula nel marzo 2016, deposizione anticostituzionale della presidente Dilma Rousseff, arresto dopo un processo manipolato dell’ex presidente Lula il 7 aprile 2018 (a tutt’oggi detenuto politico), elezioni nebbiose nell’ottobre 2018 con conseguente insediamento dell’attuale presidente nel gennaio 2019. Su questo succedersi di atti eversivi il silenzio delle istituzioni occidentali è stato profondo, a differenza di altri casi.
Nel periodo agosto 2016-dicembre 2018 il governo Temer ha smantellato lo Stato sociale (relazioni di lavoro e sindacali, salute e scuola pubblica ecc.), privatizzato e deindustrializzato con rapidità estrema. Il governo iniziato nel 2019 è stato particolarmente attivo nell’aggressione ambientale: il ministro dell’ambiente Ricardo Salles è già stato condannato per crimini ambientali quando era segretario nello Stato di San Paolo; è stato dato spazio a latifondisti e compagnie minerarie. In particolare lo stesso presidente ripete continuamente il suo appoggio all’uso economico immediato e diretto dell’Amazzonia, spazzando via Unità di conservazione e Terre indigene. Parallelamente sono stati indeboliti i principali organismi di controllo territoriale come Ibama (Istituto dell’ambiente), ICMBio (Istituto Chico Mendes), Inpe (Istituto di ricerche spaziali), falcidiando il personale dirigente, tagliando funzionari e fondi, gettando su di essi discredito.
Così una serie di orribili disastri si sono succeduti in questi ultimi mesi, conseguenza diretta dell’incuria, del venire meno dei controlli, del clima di impunità per qualsiasi prevaricazione: il 1° maggio 2018 il crollo con incendio di un enorme palazzo pubblico occupato nel pieno centro di San Paolo, il 2 settembre 2018 l’incendio del Museo nazionale di Rio de Janeiro, il 25 gennaio 2019 il crollo della diga del bacino minerario di Brumadinho. Tralascio gli assassinii di militanti sociali soprattutto nell’area amazzonica.
In questo contesto si inserisce il fuoco in Amazzonia. L’atmosfera è certamente intrisa di fumo, ma è anche, e molto, intrisa dei veleni dell’autoritarismo violento e lontano dai dettami della Costituzione del 1988: in entrambi i casi, fumo e veleni, essi si diffondono al di là delle frontiere brasiliane. Molto intensa, diffusa, attiva su fronti numerosi è la mobilitazione e la protesta, spesso repressa o impedita. Anche se la stampa non ne parla e pochi a livello internazionale cercano di costruire contatti con le forze democratiche brasiliane esse sono quotidianamente attive con iniziative molteplici, alcune più strettamente politiche, altre variamente creative.
A dimostrazione di ciò è utile riportare una lettera del cacique Raoni e alcuni testi con dati.
We, the peoples of the Amazon, are full of fear. Soon you will be too
di Raoni Metuktire (cacique del popolo indigeno Kayapó)
Per molti anni, noi, leaeders indigeni e popoli dell’Amazzonia, abbiamo avvisato voi, nostri fratelli che hanno causato tanti danni alle nostre foreste. Quello che state facendo cambierà il mondo intero e distruggerà la nostra casa, e distruggerà anche la vostra casa. […] Solo una generazione fa, molte delle nostre tribù lottavano fra di loro, ma ora siamo uniti, lottando insieme contro il nostro comune nemico. E questo nemico comune siete voi, i popoli non indigeni che hanno invaso le nostre terre e ora stanno bruciando anche le piccole parti delle foreste in cui viviamo che voi ci avete lasciato. Il presidente Bolsonaro del Brasile sta incentivando i proprietari di fazende vicine alle nostre terre a ripulire la foresta, e non sta facendo nulla per impedire che invadano il nostro territorio.
Chiediamo che interrompiate ciò che state facendo, la distruzione, il vostro attacco agli spiriti della Terra. […] Perché fate tutto ciò? Voi dite che è per lo sviluppo. […] Perché dunque fate tutto ciò? Noi vediamo che è perché alcuni di voi possano ottenere una grande quantità di denaro. Nella lingua Kayapó chiamiamo il vostro denaro piu caprim, “foglie tristi”, perché è una cosa morta e inutile. E porta solo danni e tristezza. […] Ma queste persone ricche moriranno, come noi tutti moriremo. E quando i loro spiriti sono separati dai loro corpi, i loro spiriti rimangono tristi e soffrono. […] Dovete cambiate il vostro modo di vivere perché esso è perduto, voi vi siete perduti. Laddove voi state andando è solo un cammino di distruzione e di morte. Per vivere, dovete rispettare il mondo, gli alberi, le piante, gli animali, i fiumi e anche la terra stessa. Perché tutte queste cose hanno spiriti, tutte sono spiriti e senza gli spiriti la Terra muore, la pioggia si fermerà e le piante alimentari marciranno e moriranno esse pure. Tutti respiriamo quest’aria, tutti beviamo la stessa acqua. Viviamo in questo pianeta. Abbiamo bisogno di proteggere la Terra. Se non lo faremo, i grandi venti verranno e distruggeranno la foresta.
E allora voi sentirete la paura che noi già sentiamo.
(Fonte: The Guardian, 2 settembre 2019)
Per il fuoco il peggio può ancora venire
di Tasso Azevedo, coordinatore del progetto MapBiomas (iniziativa che riunisce ricercatori, università, amministrazioni e ONG)
La quantità di incendi in Amazzonia fra gennaio e agosto 2019 è cresciuta di oltre l’80% rispetto al 2018. […] Incrociando i dati, si osserva un’enorme sovrapposizione fra le aree di allarme di deforestazione e le aree di punti di calore (fuoco) rilevati dal satellite. Il fuoco con fumo denso è tipico degli incendi di foresta. Non si tratta di una semplice pulizia di pascolo, generalmente caratterizzata da fumo più basso e meno denso.
Gli incendi di foresta dipendono essenzialmente da due fattori: combustibile e avvio. La foresta abbattuta quando secca è il combustibile, e l’avvio nella stagione secca è quasi sempre antropico. Non è un incidente. È la parte dinamica della deforestazione in regioni tropicali. Prima, si abbattono i grandi alberi; poi si passa la catena per abbattere la vegetazione più bassa, e dopo alcune settimane di essiccatura, si appicca il fuoco per terminare il lavoro. La foresta che brucia adesso è stata abbattuta in aprile, maggio, giugno. E quello che è stato abbattuto in luglio e agosto brucerà a settembre e ottobre. Dal momento che l’area rilevata di deforestazione è molto cresciuta in luglio (278%) e agosto (118% fino al giorno 23), per il fuoco il peggio deve venire.
È fondamentale che si riduca il combustibile e che si evitino in tutti i modi nuovi inneschi. È necessario che si imponga la moratoria dell’uso del fuoco in Amazzonia, nel Cerrado e nel Pantanal fino alla fine della stagione secca, cioè almeno fino alla fine di ottobre. Insieme a queste misure urge una campagna ostensiva di comunicazione, simile a quella delle campagne per eliminare le nicchie di riproduzione della zanzara della dengue, per dissuadere l’uso del fuoco come pratica agricola. Dall’altro lato è irrimandabile un’azione di forza con l’obiettivo di dissanguare la deforestazione che sta accelerandosi.
Oltre il 90% della deforestazione è illegale e spesso legata alle mafie di furto di legname, al garimpo (minerazione informale) e all’appropriazione fraudolenta di terre pubbliche. Questi gruppi criminali si alimentano dell’impunità. Sono necessarie azioni esemplari di controllo. In primo luogo nelle aree protette come Unità di conservazione e Terre indigene, puntando ai garimpos e alle aree di deforestazione recente, con requisizione di macchine e attrezzature e, quando necessario, la loro messa fuori uso. In secondo luogo non è rimandabile il blocco di tutte le aree del Catasto ambientale rurale con deforestazione illegale, cominciando da quelle identificate negli allarmi del Sistema di rilevamento di deforestazioni in tempo reale (Deter) e con perizie complete già specificate da MapBiomas Alerta. Per gestire la pressione dell’usurpazione fondiaria, si deve specificare l’uso sostenibile delle Terre pubbliche senza destinazione nell’Amazzonia. Per stimolare le attività sostenibili, è necessario concedere credito rurale solo alle attività che non comportino deforestazione, combattere gli imprenditori del legname che operano in modo illegale e ampliare significativamente le aree di concessione forestale.
Quello che stiamo vivendo è una crisi reale, che può trasformarsi in una tragedia annunciata con incendi ancora maggiori. È il momento di unire le forze, dobbiamo imparare dalla storia. Tutti i momenti di successo nelle riduzione dei tassi di deforestazione, come fra 2004 e 2012, sono avvenuti in un clima di azioni condivise fra i governi federale e statali, organizzazioni non governative, il settore imprenditoriale, scienziati e comunità locali. Oggi manca una leadership per aggregare. Per disaggregare ce n’è fin troppe.
(Fonte: www.jornaldaciencia.org.br, 3 settembre 2019. Pubblicazione della SBPC/Società brasiliana per il progresso della scienza)
Quanta distruzione una sola persona riesce a causare in Amazzonia?
di Antonio Oviedo dell’ISA/Istituto socio ambientale
L’effetto degli incendi forestali sulle emissioni di carbonio è uno dei cicli di retro alimentazione climatici più temuti. La foresta smette di immagazzinare carbonio per diventarne fonte. Più incendi significano più riscaldamento che, a sua volta, significa più incendi. In Amazzonia un periodo di incendi forestali come l’attuale, può eliminare la riduzione di emissioni ottenute con le politiche ambientali delle due prime fasi del Piano di azione per la prevenzione e il controllo della deforestazione nell’Amazzonia legale fra il 2004 e il 2012 che avevano determinato un taglio dell’83%. […] Oggi la foresta amazzonica ospita un quarto di tutto il carbonio assorbito annualmente dalle foreste del pianeta. Nel 2018 in campagna elettorale Bolsonaro ha promesso di aprire la foresta amazzonica a un modello di saccheggio delle risorse naturali, attraverso la deforestazione. Quanto danno all’Amazzonia può fare una sola persona? Uno studio di scienziati brasiliani dell’Isa (Istituto socio ambientale) e dell’Ufmg (Università federale di Minas Gerais) ha stimato che fra il 2019 e il 2022 tale deforestazione potrebbe liberare l’equivalente di 19 gigatonnellate di carbonio (con una media di 4,7 Gt all’anno). Lo scorso anno gli Usa hanno emesso circa cinque Gt. […] La Cina ha emesso nel 2018 nove Gt. Il governo Bolsonaro diffonde un discorso con citazioni irresponsabili, illazioni, accuse senza fatti, che non dà conto della sua responsabilità. Gli incendi forestali sono un riflesso di tale discorso e uno stimolo alla deforestazione e all’occupazione irrazionale del territorio. Tutto ciò alleato a un completo abbandono del controllo ambientale.