Carissima, carissimo,
manca poco al Natale e non bisogna essere dei raffinati analisti per capire che sarà un Natale diverso dagli altri. La pandemia che ci tiene ancora in affanno ci prepara a festività natalizie differenti da quelle che abbiamo vissuto nel corso della nostra vita. E’ come se fossimo in guerra. Il nemico è microscopico, invisibile, ma sta mietendo tante vittime in tutto il mondo da ormai molti mesi. Ed il nostro desiderio di festa, di intimità familiare, di spensieratezza non deve farci abbassare la guardia sulle precauzioni necessarie per non ammalarci e per non continuare a diffondere il nefasto Covid 19, per la salute di noi stessi e di tutte le nostre persone care.
La storia dell’uomo è caratterizzata da diverse pandemie, infatti, è da quando l’essere umano ha iniziato a organizzarsi in nuclei di persone che convivono insieme in comunità che le malattie contagiose hanno assunto un ruolo particolare. Le pandemie hanno talvolta trasformato le società in cui sono comparse e, molto probabilmente, hanno cambiato o influenzato in modo decisivo il corso della storia. Così sta avvenendo in questi mesi, dove la pandemia da Covid-19 sta segnando profondamente il nostro periodo. Dopo quasi un anno dal primo contagio certificato sono ancora tante le persone che ogni giorno vengono contagiate e troppe, ancora, continuano a morire.
Se oggi ci troviamo in questa situazione è anche colpa della continua e sterile politica di contrapposizione tra maggioranza e opposizione che continua ad anteporre l’urlo all’ascolto e alla condivisione delle idee.
Bisognerebbe comunicare forse meno numeri e concentrarsi sulla gestione dell’emergenza che prevede come prima opzione una comunicazione chiara ai cittadini e soprattutto scelte politiche secondo scienza e coscienza.
La pandemia è globale e diventa sgomenta constatazione di una altrettanto globale fragilità. Il Covid-19 ha messo in luce nuove fragilità. Oltre a quelli materiali, si manifestano bisogni relazionali e psicologici.
La fragilità si riconsegna a noi come criterio interpretativo della condizione umana. Perciò non può essere interpretata soltanto in termini di radicale insufficienza. Ma anche come espressione della consapevolezza diffusa del suo valore.
Non possiamo ignorare, che nei momenti di crisi sociale, la famiglia rappresenta ancora un potente ammortizzatore. E un organismo solidale di grande rilevanza. Ciò che sta succedendo in questa pandemia ne è l’ennesima conferma.
Questa sarà certamente un dicembre diverso, questo è certo. E sarà anche un Natale diverso, non c’è alcun dubbio. Ma diverso non deve avere necessariamente un’accezione negativa. Possiamo fare in modo che tutto quello che sta accadendo intorno a noi sia motivo di riflessione, spunto per un approfondimento intimo, per una pausa dal caos della contemporaneità.
Se ci fermassimo, tutti insieme, a pensare al momento storico che stiamo attraversando?
Se ci rendessimo conto che crisi come quella attuale fanno parte da sempre del mondo in cui viviamo?
Se conoscessimo ciò che succede realmente nel mondo: povertà, morte per fame, mancanza di acqua, casa, assenza di istruzione e salute per quasi un miliardo di persone che reazione avremmo?
Se prendessimo finalmente coscienza del fatto che tutto quello che stiamo vivendo è già stato vissuto da molte altre persone, prima di noi?
Avevo fame, avevo sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere. Cosa abbiamo visto, -se l’abbiamo visto- nell’affamato, assetato, straniero, nudo, malato e carcerato? Il nostro essere generosi e agenti delle opere di misericordia non dipende dalla nostra bontà, neanche dalla nostra volontà, tanto meno dalle nostre possibilità.
Solo la presa di coscienza dell’urgenza di una nuova politica può dare valore alla nostra bontà.
Anche prima della pandemia di Covid-19, era chiaro che il 2020 sarebbe stato un anno caratterizzato da urgenti necessità umanitarie, dovute a conflitti, violenza e terrorismo in diverse parti del mondo. Le crisi economiche stanno causando fame e migrazioni di massa, mentre il cambiamento climatico aumenta il rischio di disastri naturali, carestie e siccità. La pandemia sta solo aggravando le disuguaglianze già presenti nelle nostre società; infatti, i poveri e i più vulnerabili dei nostri fratelli e sorelle rischiano di essere trascurati, esclusi e dimenticati. La crisi ci ha fatto capire che ci troviamo «sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda
La tragedia della pandemia, ma molto di più l’indifferenza e l’egoismo, hanno fatto si che molti cadono vittime della fame, della sete, del lasciare la propria terra, della nudità, espressione della estrema fragilità della quale siamo fatti, della malattia e della carcerazione, non solo o non tanto nelle prigioni istituzionali, ma soprattutto nelle prigioni della paura, dell’egoismo e della violenza.
Di fronte a tutto questo chi siamo?
Come ci muoviamo, che risposta diamo? Ecco la domanda che coinvolge tutta la nostra esistenza.
Che cosa resta della nostra persona quando non rimane più niente? Resta l’amore, dato e ricevuto.
Le realtà di bisogno sono situazioni esistenziali in cui si trovano molte tante persone e popolazioni nel nostro mondo. Il nostro farci prossimo in queste situazioni diventa un percorso sempre più necessario ed importante da compiere; un percorso nel quale la sostanza della vita è l’amore, questa sola sostanza può dare origine alla forma dell’uomo, alla bellezza del vivere. Un percorso per incamminarci verso il Regno, la terra come Dio la sogna.
E cosa sogniamo noi? Quale risposta diamo noi a coloro che ci chiedono aiuto?
Siamo capaci di vedere e sentire queste richieste di aiuto?
Oppure ciò che conta è solo e sempre il nostro star bene per primi e da soli?
Dalla risposta personale e vera a queste domande riusciremo a creare il contesto vitale che apre alla speranza e alla bellezza, bontà e verità che sono la sorgente della vita.
Si avvicina il tempo del Natale, il tempo delle feste. Quante volte, la domanda che ci facciamo è: “Cosa posso comprare? Cosa posso avere di più? Devo andare nei negozi a comprare!
Invertiamo la parola comprare in: “Cosa posso dare agli altri?
Per vincere tutti i virus dobbiamo promuovere la cultura dei diritti e delle responsabilità. Contro l’individualismo, il menefreghismo, l’egoismo, l’indifferenza e la competizione selvaggia, la cultura dei diritti e delle responsabilità è alla base della convivenza umana: un bene essenziale per la vita, la giustizia, la pace e la democrazia. Urge un bisogno forte di empatia. Noi siamo ciò che si offre, facendo ciascuno quello che può, siamo seminatori di questo amore rendendolo contagioso, radioattivo affinché contamini il mondo.
Nel salutarvi e augurarvi buon Natale affermo vista la stupida discussione in atto, che non ha importanza a che ora nasce Gesù ma il fatto che Lui nasce ogni giorno. Questo è Natale!
Antonio
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