Carissima, carissimo,
quando una società può dirsi giusta? Una domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi per trovare il suo piccolo-grande contributo da dare alla realizzazione di un mondo migliore.
La nostra Costituzione, all’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” ed anche che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
La giustizia sociale si intreccia inevitabilmente con le opportunità economiche e la libertà. Concetti questi, tutti relativamente recenti. Appartiene infatti al dibattito moderno la riflessione sulla giustizia sociale perché nella pratica, riguarda soprattutto il mondo post rivoluzione industriale nel quale lo sviluppo economico ha determinato la crescita esponenziale delle differenze tra le persone, in particolare in termini di opportunità.
La giustizia sociale più che un obiettivo, dovrebbe essere una metodologia di lavoro della politica e di tutte le istituzioni mondiali chiamate a decisioni che incideranno sulla vita dei cittadini. Giustizia sociale non è solo un insieme di diritti e doveri di ordine sociale; è anche – e soprattutto – la realizzazione della libertà delle persone: libertà dalla fame, dalla povertà, dall’ignoranza, dalla disoccupazione. E’ un concetto dinamico che cambia con la società, è un percorso storico culturale, che avanza con il raggiungimento del benessere collettivo e non certo con quello di pochi.
Per i cristiani invece, il tema della giustizia sociale è parte integrante della loro stessa fede: la carità e la condivisione sono le principali forze propulsive per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera e la manifestazione concreta e operativa dell’amore è la forza straordinaria che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della lotta alle ingiustizie sociali e della affermazione della pace per realizzare una piena e completa dignità di ogni persona oltre che per la difesa della nostra Madre Terra.
Papa Francesco ha spesso affrontato questi temi, a lui molto cari, sottolineando come il problema della povertà non sia solo della Chiesa. Oggi è anche un problema dei singoli e delle comunità. Bergoglio ha ricordato più volte come non può esserci giustizia sociale “che possa fondarsi sull’iniquità” rappresentata dalla “concentrazione della ricchezza” e ha poi insistito sul valore del lavoro come mezzo di liberazione dalla povertà e dalle disuguaglianze: “la precarietà uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia”.
Dopo la crisi finanziaria, il terrorismo e la pandemia è ormai evidente come tutto il mondo sia interconnesso. Questo richiede un cambio di prospettiva e l’aggiunta di un ulteriore termine: giustizia sociale globale. Cresce l’impegno sociale dei giovani. A certificarlo è la Conferenza nazionale del servizio civile. C’è un boom di domande presentate. Urge aumentare i posti messi a disposizione. Accogliere giovani al servizio della comunità rende la nostra società più giusta e umana, creando un’empatia contagiosa.
Leggo che sono 125.286 le domande di partecipazione al Servizio civile universale presentate, un numero altissimo, a ennesima dimostrazione della disponibilità dei giovani a impegnarsi. Record di domande significa anche forte varietà di condizioni sociali, culturali, territoriali dei giovani. Le nuove generazioni prendono sul serio l’obiettivo del Servizio civile universale per conoscere i veri bisogni delle comunità, cosa che i politici dovrebbero non solo accogliere ma sostenere nei loro programmi. La pratica favorisce la conoscenza e la realtà dei problemi del Paese. Il Servizio ancora una volta raccoglie l’entusiasmo dei giovani. La loro voglia di darsi da fare. Di contribuire a costruire una società più giusta, inclusiva, resiliente e incentiva il protagonismo attivo nei territori. Un anno di pandemia ha fortemente condizionato e limitato le esperienze formative e relazionali. Il boom di domande è un messaggio esplicito. Il nuovo governo è chiamato a farsene carico. Sosteniamoli, non deludiamoli.
Il tempo quaresimale ci domanda di ritornare all’essenziale. Per molte delle grandi cose bastano poche parole. Le cose essenziali parlano da sé, sono opere, gesti che racchiudono un’eloquenza più grande. Non possono essere sostituite o mascherate con un discorso – anche se fosse molto bello. Le opere hanno il loro peso. Generano le parole, ma solo per toccarci, per arrivare in fondo al nostro cuore. Il resto è solo un’interpretazione. Non si devono confondere le opere coi fatti. I fatti sono la realtà che vediamo da fuori. Le opere – i frutti delle nostre azioni – scendono più a fondo. Non possono essere pienamente visibili. Ciò che facciamo deve arrivare nella nostra parte più profonda perché è destinata ad operare e trasformare. Nessuna delle nostre opere rimane indifferente. Tutte portano con sé conseguenze di cui non sempre ci accorgiamo. Le parole non potranno mai avere la forza delle opere. Possono solo raccontarle, interpretarle. Ma non basteranno mai.
Il Vangelo vive di questo rapporto opere-parole. Il testo di Marco che stiamo leggendo in queste settimane di Quaresima ne è uno degli esempi migliori: riduce le parole per mettere in rilievo le opere di Gesù. Anche le sue parole sono sempre inserite in un contesto operativo. La vita di Gesù non è nient’altro che la pratica del Vangelo annunciato e vissuto, quel vangelo che papa Francesco ha tolto dal cassetto e ce lo ripropone continuamente per praticarlo non per raccontarlo come una storiella. Per questo Gesù vive, agisce piuttosto che parlare. Le sue parole risultano dalle sue opere, le accompagnano. Buona Pasqua. Antonio
ULTIMISSIME:Brasile: 8 marzo 2021. Una bella giornata
Oggi, 8 marzo 2021, il ministro Fachin del Supremo Tribunale Federale relatore della richiesta di habeas curpus della difesa dell’ex presidente Luis Inácio Lula da Silva ha depositato la sentenza che accoglie la richiesta di incompetenza del tribunale di Curitiba per giudicare l’ex presidente. In particolare risulta non fondato e privo di prove il collegamento di tali indagini con i processi per corruzione relativi alla Petrobras, gli unici per i quali il gruppo di lavoro di magistrati di Curitiba era competente. Di conseguenza l’ex presidente è stato sottratto al giudice naturale. Quindi le condanne di Lula decadono e con esse la sospensione dei suoi diritti politici.
La deposizione anticostituzionale della presidente Dilma Rousseff nel 2016 e le sentenze frutto di manipolazioni giudiziarie culminate nel sequestro di Lula da aprile 2018 a novembre 2019 hanno aperto la strada al governo di estrema destra che attualmente occupa la presidenza. Nelle ultime settimane sono state rese pubbliche registrazioni delle conversazioni fra i magistrati della Lava Jato hackerate da Walter Delgatti Neto. Ne emerge un quadro cospirativo e eversivo molto preciso.
Al momento è impossibile valutare come la situazione politica si svilupperà. Le variabili in gioco sono molte e esse si complicano ulteriormente in quanto il paese attraversa un lungo periodo di malgoverno federale anche per assenza completa di piano e interventi per affrontare la pandemia la cui gestione ricade sui governatori. Nel corso dei cinque anni di azioni illegittime e politiche economiche antisociali le strutture istituzionali sono state duramente provate e la strada per ricostruire lo Stato democratico di diritto è in salita, lunga, accidentata. La materia giudiziaria è molto intricata e non semplificabile, come evolverà il quadro politico al momento è impossibile sapere. Ci si può intanto rallegrare per il momento di gioia. Mi limito quindi a tradurre un breve testo della rivista ComJur e il comunicato degli avvocati di Lula.
Casi cascinale, triplex e Istituto Lula
Fachin annulla le condanne di Lula della 13a Sezione Federale di Curitiba
Il ministro Luiz Edson Fachin del Supremo Tribunale Federale ha annullato oggi lunedì 8 marzo le condanne di Lula nel caso dell’appartamento triplex di Guarujá, del cascinale di Atibaia e della sede dell’Istituto Lula. Fachin ha dichiarato la 13a Sezione Federale di Curitiba , di cui era titolare l’ex giudice Sérgio Moro, incompetente a processare e giudicare Lula.
“Dichiaro, come corollario e per forza del disposto nell’articolo 567 del Codice del Processo Penale, la nullità degli atti decisori praticati nelle rispettive azioni penali, inclusi le recezioni delle denunce, dovendo il giudice competente decidere sulla possibilità della convalida degli atti istruttori”, dice il comunicato. Il ministro ha detto che gli atti devono essere inviati alla Giustizia del Distretto Federale alla quale spetterà “il giudizio competente di decidere sulla possibilità di convalida” di deposizioni e raccolta di prove.
Fachin ha giudicato l’ habeas corpus presentato dalla difesa di Lula il 3 novembre 2020. Difendono Lula gli avocati Cristiano Zanin, Valeska Martins, Eliakin Tatsuo e Maria de Lourdes Lopes.
Fonte: ConJur 8 marzo 2021 h. 15.40. Sullo stesso sito si trova il testo integrale del parere del ministro Fachin
Nota degli avvocati difensori dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva Cristiano Zanin Martins e Valeska Teixeira Martins sulla decisione del Ministro Edson Fachin
Riceviamo con serenità la decisione pronunciata in data di oggi dal Ministro Edson Fachin che ha accolto la richiesta di habeas corpus che avevamo presentato il 3 novembre 2020 volta a riconoscere l’incompetenza della 13a Sezione Federale Criminale di Curitiba per analizzare le quattro denunce presentare dall’estinto “gruppo di lavoro” contro l’ex presidente Lula ( HC 193.726) e, di conseguenza, volta ad annullare gli atti decisori relativi ai processi indebitamente istituiti a partire da tali denunce.
L’incompetenza della Giustizia Federale di Curitiba a giudicare le indebite accuse formulate contro l’ex presidente Lula è stata da noi sostenuta fin dalla prima manifestazione scritta che abbiamo presentato nei processi, ancora nel 2016. Questo perché le assurde accuse formulate contro l’ex presidente dal “gruppo di lavoro” di Curitiba mai hanno indicato alcuna relazione concreta con illeciti verificatesi nella Petrobras, relazioni che giustificarono la fissazione della competenza nella 13a Sezione Federale di Curitiba da parte del Plenario del Supremo Tribunale Federale nel giudizio della Questione procedurale dell’Indagine 4.130.
Durante oltre cinque anni abbiamo percorso tutte le istanze del Potere Giudiziario perché fosse riconosciuta l’ incompetenza della 13a Sezione Federale Criminale di Curitiba per decidere sulle indagini o sulle denunce presentate dal “gruppo di lavoro” di Curitiba. Nel 2016 abbiamo anche portato davanti al Comitato dei Diritti Umani dell’ONU la violazione irreparabile delle garanzie fondamentali dell’ex presidente Lula, anche per inosservanza del diritto al giudice naturale, cioè del diritto di ogni cittadino di essere giudicato da un giudice la cui competenza fosse stata previamente definita per legge e non in base alla scelta dello stesso giudicante.
In questa lunga traiettoria, nonostante tutte le prove di innocenza presentate, l’ex presidente Lula è stato arrestato ingiustamente, ha avuto i suoi diritti politici indebitamente ritirati e i suoi beni bloccati. Sempre abbiamo provato che tutti questi comportamenti facevano parte di un accomodamento fra l’allora giudice Sérgio Moro e membri del “gruppo di lavoro” di Curitiba, come è stato confermato dal materiale al quale abbiamo avuto accesso sempre per autorizzazione del Supremo Tribunale Federale e che abbiamo allegato agli atti del Reclamo n. 43.oo7/PR.
Per questo la decisione che oggi afferma l’incompetenza della Giustizia Federale di Curitiba è il riconoscimento che sempre eravamo stati corretti in questa lunga battaglia giudiziaria, nella quale mai abbiamo dovuto cambiare i nostri fondamenti per dimostrare la nullità dei processi, l’innocenza dell’ex presidente Lula e la persecuzione giudiziaria/lawfare praticata contro di lui.
La decisione, dunque, è in sintonia con tutto ciò che abbiamo sostenuto da oltre cinque anni nella conduzione dei processi. Ma essa non ha prerogativa di riparare i danni irrimediabili causati dall’ex giudice Sérgio Moro e dai procuratori della “lava jato” all’ex presidente Lula, al Sistema della Giustizia e allo Stato Democratico di Diritto.
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