Anniversario – di Erri De Luca

Faccio una breve ricerca sulle origini del compleanno, che rende memorabile l’anniversario di ognuno. Pare che dipenda dall’antica tradizione dell’oroscopo che necessita del giorno e dell’ora di nascita. Una volta era riservato ai re, poi si è diffuso. Nei paraggi del mio compleanno, rimugino pensieri.

Di quell’ora nessuno esiste più.
Aiutarono lei sfinita dagli sforzi di espulsione. Tagliarono il cordone e mi fissarono un nodo all’ombelico. Mi lavarono dalla placenta e dal sangue.
Di quell’ora febbrile nessuno è rimasto. Sono il solo a sapere che nacqui.
Dopo la morte di mamma questo vago pensiero si presenta in ogni compleanno.
Nell’occasione ricordo di essere stato bambino. L’infanzia è una giostra che non smette di girare e porta un solo passeggero.
Mamma chiedeva il giorno prima cosa preferivo mangiare. Era un pasticcino con la crema e le fragole sopra.
Buffo sentirsi importante per un giorno, apparenza di lieta presa in giro. Si era creditori, si riscuoteva un regalo.

Una poesia in napoletano di Rocco Galdieri consiste in un breve dialogo tra un vecchio e uno che gli chiede l’età. Allora lui si mette a far dei conti:
“Eccuce ccà, so’ nnato ‘o mille..”
L’altro si stupisce che dovesse fare dei calcoli.
Il vecchio aveva smesso di sommarli e risponde:
“Mmece (invece) ‘e sape’ quant’aggio campato
vulesse sape’ quant’aggia campa’“.

Come ci si sente alla mia età: è la gentile domanda di chi vuole informarsi. Risposta è che si sta dove il bosco risalito si dirada, si aprono radure e c’è più luce.

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