Un anno fa si stampava nelle lingue del mondo l’enciclica Fratelli Tutti. A che punto sta quell’ordine del giorno? Nella storia sacra si è sorelle e fratelli per dato anagrafico, in discesa da una sola coppia prototipo, Eva&Adamo. Essere consanguinei non protegge dalle ostilità. La prima famiglia porta il lutto fratricida di Caino su Abele. Questi episodi sacri segnano i bordi della relazione tra concordia e guerra. La fraternità è un sentimento che sorge in particolari condizioni.
In una catastrofe una comunità unisce le sue forze per difesa. Fa così esperienza della moltiplicazione: le singole energie messe insieme non producono una semplice addizione. S’innesca un circuito virtuoso in cui ognuno è tutti gli altri, per effetto di uguaglianza. L’ho conosciuto negli anni delle lotte politiche operaie, poi nelle occasioni in cui sono stato coinvolto in attività di soccorso volontario.
La specie umana ha imparato a dotarsi di fraternità, fonte di energia pulita che si alimenta di se stessa. Non per questo ha smesso le guerre. Le sopraffazioni, le disuguaglianze continuano a produrre ricchezze di arrembaggio.
A che ne sta la fraternità, l’anno dopo l’enciclica? Sta nelle fibre dell’umanità oppressa e sta nella premura di uomo di nome Francesco che incarna e aggiorna con la sua sola voce il verso di Isaia: ”Nel deserto aprite la strada di D.”