Con un giornalista croato ho ricordato Predrag Matvejevic, scrittore jugoslavo. Lo conobbi a un festival letterario negli anni ‘90.
Vidi un uomo al pianoforte, suonava musica classica in disparte nel salone di un bar. Beveva vodka, aveva gli occhi umidi. Mi avvicinai, preso dalla sua bravura. Mi disse poi che aveva interrotto la carriera di concertista per un incidente alla mano.
Nel 1987 aveva scritto Breviario del Mediterraneo, riassunto di un innamorato di tutte le sue coste. Viveva in esilio in Francia, lontano dalla sua patria in fiamme.
Era nato a Mostar e in quegli anni andavo spesso a scaricare aiuti in quella sua città, tagliata in due dalla corrente della Neretva e dai colpi di mortaio.
Aveva un antico ponte di pietra bianca a mezzaluna dalla cui sommità di quindici metri si tuffavano i giovani per prova di ardimento.
Lui era stato uno di quei tuffatori. Il ponte era stato abbattuto dall’artiglieria croata. Scambiammo quella sera un po’ di storie diventando amici.
Lui e sua moglie Mira sono venuti poi ad abitare a Roma. Aveva un incarico all’università.
Si sono seduti in cucina alla larga tavola di legname vario, mia madre friggeva per loro le sue celebri pizze di pasta cresciuta.
Scriveva un libro sulla storia del pane, aggiunsi all’edizione una mia pagina di accompagnamento. Predrag è morto a Zagabria quattro anni fa.
Ho parlato di lui con il giornalista perché è stato istituito un premio letterario col suo nome. Sua figlia l’ha voluto e l’ha creato.
Premio per me è stato averlo per amico, averci bevuto insieme, tenere la sua stretta di mano nel palmo della mano che ricorda.