La sua elezione alla guida del paese, avvenuta il 28 novembre scorso, rappresenta una grande speranza di cambiamento. Femminista, antipatriarcale e rivoluzionaria, Xiomara Castro cercherà di risollevare un paese in macerie, devastato da 12 anni di repressione e neoliberismo selvaggio.
di David Lifodi
A 12 anni e 5 mesi esatti dal colpo di stato che fece cadere Manuel Zelaya, costringendolo per due anni all’esilio, Xiomara Castro è divenuta la nuova presidenta honduregna.
Candidata del partito Refundación y Libertad (Libre), la donna, moglie dello stesso Zelaya, ha lavato l’onta di oltre un decennio di politiche neoliberiste e fortemente repressive nei confronti dei movimenti sociali. Da Roberto Micheletti, il primo presidente a sostituire Zelaya significativamente definito dagli oppositori “Pinochetti”, insediatosi con il sostegno degli Stati uniti e grazie alla bugia, diffusa ad arte, che quest’ultimo volesse perpetrarsi alla guida del paese facendosi beffe della Costituzione, passando per l’impresentabile Porfirio Lobo fino all’attuale, e altrettanto screditato, Juan Orlando Hernández, su cui pesano sospetti per i suoi legami con il narcotraffico e sotto il quale si è consumato l’omicidio dell’attivista Berta Cáceres (il 3 marzo 2016) l’Honduras è stato saccheggiato delle sue risorse naturali e i diritti civili, sociali e politici sono stati cancellati.
Quello del 28 giugno 2009 fu il primo dei cosiddetti golpes blandos in America latina che ebbe il suo epilogo con Zelaya condotto con la forza, in pigiama, in una base militare a sud di Tegucigalpa, da cui, in aereo, fu deportato illegalmente in Costarica.
Xiomara Castro, fin dall’inizio, rivestì un ruolo di primo piano nelle proteste di piazza del Fronte nazionale di resistenza popolare (Fnrp) contro il colpo di stato, guadagnandosi sul campo credibilità e un sostegno tale che la portò, nel 2011, ad essere tra i fondatori di Libre fino a presentarsi, nel 2013, come candidata alle presidenziali. Da allora, l’attuale presidenta ha assunto un ruolo di primo piano, fino a quest’ultima campagna elettorale, all’insegna del motto “por un Estado socialista democrático en el que el fin supremo de la sociedad y del Estado sea el ser humano”.
Tra le principali promesse di Xiomara Castro in campagna elettorale vi è l’impegno per promulgare la Ley de igualdad de las mujeres e la battaglia per frenare il femminicidio, due obiettivi irrinunciabili per una donna che si definisce “femminista, antipatriarcale e rivoluzionaria”.
I mesi precedenti alle elezioni del 28 novembre scorso, in cui gli honduregni hanno eletto non solo il Presidente della Repubblica, ma anche 128 deputati al Congresso nazionale, 20 al Parlamento centroamericano e quasi 300 sindaci, sono stati drammatici.
L’11 novembre il candidato a consigliere comunale per il Partito Liberale, Óscar Moya è stato ucciso a colpi di pistola. Solo due giorni è stato assassinato il sindaco di Cantarranas Francisco Morazán. Sempre nello stesso periodo è avvenuto l’omicidio di Elvir Casaña e di altri attivisti del Partito liberale.
In molti hanno fatto notare che Xiomara Castro ha vinto solo perché Juan Orlando Hernández e ciò che rappresenta sono stati vittime del cosiddetto voto di punizione, ma si tratta di un’analisi fortemente riduttiva.
La presidenta ha battuto gli altri concorrenti, in particolare Nasry Asfura Zablah, del Partito nazionale, e Yani Rosenthal, del Partito liberale, da cui Castro era uscita ormai molti anni fa per fondare Libre, grazie alla presentazione del “Piano di Governo per Rifondare l’Honduras 2022-2026”, a cui ha lavorato insieme a Salvador Nasralla, il conduttore di programmi sportivi che ha rinunciato alla sua candidatura per sostenere Xiomara. Nasralla godeva a sua volta di ampio sostegno e credibilità poiché, già nel 2017, si era candidato a sua volta alla guida del paese con l’appoggio delle organizzazioni popolari.
In un paese come l’Honduras, dove oltre il 40% della popolazione vive in povertà e che, soprattutto negli ultimi anni, è divenuto una sorta di narcostato di fatto, Xiomara Castro ha rappresentato una speranza per uscire da un futuro incerto e difficile in un paese messo in ginocchio da una violenza strutturale dilagante.
Come ha scritto Giorgio Trucchi, uno dei giornalisti più esperti della situazione politica honduregna, “il colpo di stato del 2009 in Honduras non soltanto infranse le istituzioni e consolidò l’oligarchia e i gruppi di potere, ma permise ai governi prosecutori del golpe di esasperare il modello neoliberista estrattivista, incentivando il saccheggio di territori e beni comuni e deregolamentando sempre più il mercato del lavoro”.
La presidenza di Juan Hernández non solo si è legata al narcotraffico, ma è stata caratterizzata da una corruzione dilagante, non a caso il Parlamento aveva impedito alla Misión de Apoyo contra la Corrupción y la Impunidad en Honduras (Maccih) di proseguire il suo lavoro.
Il voto per Xiomara Castro ha significato un deciso no alla dittatura, alla corruzione e alle disuguaglianze sociali. La presidenta neoeletta è attesa da una sfida ardua, ma la sua vittoria ha un valore simbolico enorme in un paese dove sono sempre di più coloro che sfidano la sorte pur di raggiungere gli Stati uniti nel tentativo di lasciarsi alle spalle violenza e miseria.
Xiomara Castro ha dimostrato che sí se puede!