1 Dicembre 2021 di Gianluca Cincinelli
Vi ricordate l’omicidio di Giulio Regeni e la carcerazione immotivata dal 7 febbraio 2020 dello studente dell’università di Bologna Patrick Zaki in Egitto? Voi sì, l’industria della morte italiana invece no e non si fa scrupolo di essere presente a Egypt Defence Expo, l’esposizione internazionale delle industrie di guerra, che si chiude oggi al Cairo con il patrocinio del presidente Abdel Fattah Al-Sisi, del Ministero della difesa e del Comando Supremo delle forze armate egiziane. L’industria bellica italiana è presente in grande spolvero a uno degli appuntamenti più importanti per i 400 espositori provenienti da 42 paesi, enorme vetrina delle ultime tecnologie in materia di difesa e armamenti, accanto alla presenza di delegazioni ufficiali di dignitari di 45 paesi, molte delegazioni militari e più di 30.000 visitatori. Il 29 novembre l’inaugurazione a questa seconda edizione, con la benedizione di al-Sisi.
La propaganda del regime egiziano fa sapere che la mostra lancia le nuove armi egiziane con la partecipazione del Ministero della Difesa, del Ministero della produzione militare, dell’Organizzazione araba per l’industrializzazione, della Arab International Optronics Company, dell’Arsenale navale egiziano, della Marine Industries and Services Organization, della Organizzazione dei progetti di servizio nazionale e complesso industriale di ingegneria dei veicoli. Il ministro della Difesa egiziano Mohamed Zaki ha affermato che “La pace ha bisogno di potenziali e capacità per essere protetta e mantenuta”. E’ un vecchio ritornello: incrementare l’industria della morte per portare la pace. In effetti quando saremo tutti morti è probabile che prevarrà la pace. Nel frattempo, Italia in testa, continuiamo ad armare dittature e regimi tirannici che non si fanno scrupolo di usare le armi per terrorizzare e sterminare popolazioni civili e oppositori politici.
Su Africa Express il puntuale Antonio Mazzeo ricapitola la presenza italiana alla mostra dei mostri. A partire da Fincantieri, che ha proprio l’Egitto tra i suoi “migliori” clienti, a cui ha piazzato due fregate multimissione FREMM (classe Bergamini), ammodernate ed equipaggiate nel cantiere navale di Muggiano-La Spezia, per un incasso di 2 miliardi di euro. Ma l’esposizione sarà un’occasione per i nostri piazzisti di concludere la trattativa in corso per fornire agli egiziani altre quattro fregate multi missione e una ventina di pattugliatori d’altura. C’è poi naturalmente la Leonardo, ex Finmeccanica, che dal 2017 ha esportato al Cairo 32 elicotteri AgustaWestland, 24 di tipo AW149 multiruolo e 8 AW189, per un valore complessivo di 871,7 milioni di euro. Anche per Leonardo l’esposizione è un’occasione per concludere una trattativa, precisamente quella che riguarda la fornitura di 24 cacciabombardieri Eurofighter “Typhoon”.
C’è poi MBDA, il maggiore consorzio industriale missilistico europeo controllato per il 25% da Leonardo, che ha venduto all’Egitto cinquanta missili da crociera a lungo raggio “SCALP” per armare i cacciabombardieri Rafale ed Eurofighter “Typhoon” e i sistemi missilistici superficie-aria VL-MICA SAM ad uso navale. Non poteva mancare Elettronica spa, specializzata in sistemi di difesa e attacco elettronici, cyber security, tecnologie elettro-ottiche e a infrarossi, apparecchiature di sorveglianza e intelligence, con applicazioni in ambito navale a terrestre. Il “gioiellino” che Elettronica presenta in Egitto è il sistema anti-drone ARIAN, progettato per le operazioni di supporto elettromagnetico, e i sistemi Stand-Off Jammer e Stand-In Jammer. C’è poi Intermarine, che ha sede a La Spezia, controllata tramite Immsi dalla famiglia Colaninno. Intermarine progetta, costruisce ed equipaggia cacciamine, imbarcazioni d’assalto, pattugliatori veloci, navi logistiche e da trasporto.
E’ presente la Iveco Defence Vehicles, sede a Bolzano, produttrice di carri armati, veicoli blindati, motori, componentistica per automezzi da difesa, automezzi per le forze di sicurezza e la protezione civile. C’è la Polomarconi, sede a Verona e produzione a Bergamo, specializzata nella progettazione e produzione di antenne mono e multi band, sistemi elettronici avanzati, software, apparecchiature per il controllo del traffico aereo, specializzata quindi nelle comunicazioni navali per applicazioni militari. A chiudere c’è la Cristanini di Verona, specializzata in prodotti di chimica-biologica-radiologica-nucleare, in collaborazione con alcuni istituti universitari, tra cui il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Padova.
Il nostro governo continua a intrattenere relazioni idilliache con un regime che cinque giorni fa ha condannato a morte 22 jihadisti e applicato condanne all’ergastolo per altri 118 imputati. Dal colpo di Stato di Al Sisi di luglio 2013, l’Unione Europea e i suoi singoli Stati hanno chiuso entrambi gli occhi sulla continua violazione dei diritti umani in Egitto. Anzi, da quel momento Il Cairo è diventato un mercato di competizione importante e redditizio nella gara a chi gli vendeva più armi. Eppure Al Sisi è ritenuto dall’Italia un elemento stabilizzatore nell’area. Una stabilità alimentata dalla nostra industria militare in barba a qualsiasi considerazione sui diritti civili e democratici, un’ipocrisia che per le fabbriche di morte italiana significa introiti illimitati a discapito della vita umana.