Carissima, carissimo,
oggi in tanti Stati del mondo, 811 milioni di uomini e donne, anziani e bambini, stanno lottando per la loro liberazione dalla fame. Questi sono i dati della FAO pubblicati la settimana scorsa. Si lotta ancora per mangiare a sufficienza o per avere una casa per la propria famiglia. In altri paesi per il minimo benessere offerto dal progresso. Siamo ancora lontani dalla ricerca della liberazione su un piano sociale, politico, economico, spirituale e ambientale. Mentre gli operai, gli scartati, gli impoveriti, coloro che vivono ai margini, devono sapere che hanno il diritto e il dovere di impegnarsi lottando, per migliorare la propria vita. E’ con loro che dobbiamo continuare a sostenere la lotta.
Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo solo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La vita può essere felice e magnifica ma, noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, facendoci sempre più egoisti.
Abbiamo i mezzi e le capacità per spaziare ma, ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà interiore, la scienza ci sta trasformando in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi pensando di bastare a noi stessi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari e tecnologia, ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza. La comunicazione ha avvicinato le persone, come i mezzi di trasporto, adesso il mondo reclama la bontà di ognuno di noi, reclama la fratellanza universale, l’unione nell’umanità.
Milioni di uomini, donne e bambini disperati, sono vittime di un sistema che impone ad altri uomini di torturare e imprigionare gente innocente. L’avidità che li comanda può essere un male passeggero se ognuno di noi si impegna a fare la propria parte. Coloro che odiano sono quelli che non hanno ricevuto l’amore altrui. In nome della democrazia facciamo in modo che la vita sia bella e libera per chi fa fatica. Solo unendoci possiamo preparare un mondo nuovo, migliore, che dia a tutti un lavoro, ai giovani un futuro, agli anziani la sicurezza. Lavoriamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti una base di benessere.
Ci sono anche i segni che ci entusiasmano, le esperienze seppur minuscole che ci fanno sperare nel futuro, la stretta di mano fra un giovane del Gambia e del Senegal che parlano con confidenza della fraternità e hanno il desiderio di vivere secondo giustizia. E’ anche grazie a piccoli gesti se dentro di noi si illumina qualcosa. Al contrario, se viviamo chiusi nelle nostre case, se abbiamo le nostre casseforti con doppia chiave, se ci asserragliamo nella sicurezza, la paura sarà il nostro pane quotidiano, non avremo nessuna gioia se non quella superficiale della soddisfazione degli istinti. Dimenticando che quando ci chiudiamo agli altri avremo sempre e solo paura.
E’ scegliendo la linea dell’impegno illuminato dalla speranza che vivremo con una grande gioia interiore, con il senso profondo che la vita non è spesa invano e che ogni attimo passato, ogni gesto compiuto si deposita dentro di noi. Prima o poi ne prenderemo coscienza e tutto diventerà primavera.
Siamo ormai giunti al termine dell’anno. Solitamente è uso fare bilanci. Sento urgente iniziare dalla Terra. Questo pianeta che ci è Madre e Padre, da questa Terra dalla quale traiamo la vita. Per porsi l’interrogativo che la salvezza della stessa non cade dal cielo ma, è solo e unicamente frutto di una rinnovata attenzione da parte di ognuno di noi.
Oggi, adesso, ora, è urgente iniziare a praticare un’etica della cura e della responsabilità della Terra. Ogni sapere, ogni istituzione, ogni religione, ogni persona, ogni comunità deve porsi questa domanda: “cosa faccio io per
preservarla e garantire che abbia un futuro?” Noi uomini non siamo fuori dalla natura, non possiamo vivere a prescindere da essa.
Non è possibile che in questa meravigliosa e feconda terra, che produce molto più cibo di quello necessario ai suoi abitanti, ci sia chi soffre la fame. Avete letto bene, la Madre Terra produce in abbondanza, tanto da avanzarne ma,
insufficiente a soddisfare la voracità di pochi a sfavore dei molti. Non manca il cibo, manca la fame di giustizia. Al noi prepotentemente abbiamo sostituito l’io.
In questo momento, la metà degli abitanti dell’Africa vive con 0,70 centesimi al giorno. Un continente in agonia. Ci ricordiamo di questo continente ricchissimo che quotidianamente depauperiamo solo per giudicare i tanti africani che in cerca di “vita”, costretti dalla miseria, emigrano nel nostro paese.
In Brasile attualmente sono cento milioni, il 45% della popolazione, le persone che fanno fatica a mettere insieme il pasto con la cena, questo è ciò che ci scrivono i nostri referenti e le notizie quotidiane che ci giungono.
Lo scorso anno sono stati spesi 1.800 miliardi di dollari in armamenti. Questa nostra società, il nostro stile di vita, hanno determinato nuovi nemici dai quali difendersi: poveri-gli impoveriti, quelli che mettono in discussione il nostro stile di vita.
K.Gibran, nel suo conosciutissimo libro Il Profeta alla domanda di un mercante che gli chiese:“Parlaci del Comprare e del Vendere”, egli rispose: “la terra vi elargisce i propri frutti e questi non vi verranno mai a mancare se solo saprete riempirvene le mani. Eʼ nello scambio dei beni della terra che troverete l’abbondanza e sarete sazi. Tuttavia se lo scambio non viene fatto con amore e generosa giustizia, condurrà alcuni all’avidità ed altri alla fame”.
Quando attiveremo lo sguardo non per possedere, ma per ospitare l’altro in noi stessi.
Quando trasformarci e scoprire i gesti e le parole che possono esprimere il desiderio dell’altro.
Quando poseremo realmente sugli impoveriti uno sguardo sincero interessato in modo da comunicare loro sicurezza, serenità, gioia e stimolo.
Non è forse questo, d’altro canto, il vero fondamento dell’amore? Non è forse l’amore, nel suo significato più ampio la base della riuscita di ogni rapporto personale e sociale?
È Natale, questo povero bambino nato “emarginato” in una mangiatoia poiché non “accolto” cosa può dirci oggi?
In questi giorni di festa proviamo a guardare, a vedere con gli occhi del cuore, e non con gli occhi della ragione come siamo stati educati ed abituati a fare. Riscattiamo oggi i diritti del cuore: lasciamoci commuovere dai bambini, permettiamo che sognino e lasciamoci riempire di tenero amore da questo “bambino” che provò amore e gioia nel divenire uno di noi.
A cosa serve essere credenti o credere nella giustizia? A stare dalla parte degli impoveriti, dei neri, degli indios. Abbracciare le loro cause, appoggiarli, partecipare alle loro sofferenze.
In questo Natale, una Chiesa e una società che non ascoltano il grido degli impoveriti, come ci insegna papa Francesco, ha poche cose da dire agli uomini, a Dio e alla costruzione di un mondo giusto.
In questo Natale, cerchiamo di interrogarci su ciò che rimane della nostra vita, non sono le cose materiali, ma i ricordi dei momenti che abbiamo vissuto, che abbiamo condiviso che ci hanno fatto felici. Perchè questa nostra ricchezza sarà sempre presente nella nostra mente, nel nostro cuore e nelle emozioni che abbiamo sentito dentro di noi e che ci hanno scaldato il cuore.
Buon Natale e buon anno, Antonio
Se desideri ricevere o fare ricevere una copia saggio ad una amica/o della rivista:
In Dialogo-Notiziario della Rete Radiè Resch scrivi a: notiziario@rrrquarrata.it
Ricordo ad ognuno di noi l’autotassazione libera nella quantità
e continuativa nel tempo a sostegno dei progetti
I versamenti devono essere effettuati sui seguenti conti:
Conto della Banca Alta Toscana
intestato a Rete Radié Resch
IBAN: IT 42 M 08922 70500 000000004665
Indicando sempre la causale
oppure sul Conto corrente postale intestato a Notiziario della Rete Radié Resch:
IBAN: IT 15 N 07601 13800 000011468519