articoli di Marinella Correggia e Beppe Facchini (ripresi dalle pagine di Pressenza e FanPage)
Prima, storica vittoria di un grande movimento, quello degli agricoltori indiani, che andrà studiato per le sue modalità (pacifiche), le sue dimensioni (oceaniche), la sua costanza (quotidiana), e un contesto interamente sfavorevole (la crisi sanitaria).
Comunicato della coalizione sindacale Samyukta Kisan Morcha.
India, stop alle riforme agricole dopo un anno di proteste: “È una vittoria per tutti”
Jorawar Singh, portavoce della comunità Sikh in Italia: “Siamo molto felici, ma non dimentichiamoci delle 700 persone morte per il bene delle future generazioni”.
A cura di Beppe Facchini
Dopo quasi un anno di proteste, il governo indiano ha deciso di fare un passo indietro: le tre leggi di riforma del settore agricolo, lo stesso che impiega oltre il 70% della popolazione nel Paese asiatico, verranno abrogate. Ad annunciarlo in diretta tv è stato direttamente il primo ministro Narendra Modi. “Inizieremo il processo costituzionale per abrogare tutte e tre le leggi nella sessione parlamentare che inizia alla fine di questo mese”, ha affermato in un discorso alla nazione, aggiungendo: “Lancio un appello a tutti gli agricoltori che stanno partecipando alle manifestazioni perché tornino a casa, riunendosi con i loro cari, le fattorie e le famiglie”.
La protesta degli agricoltori indiani era cominciata nei mesi finali del 2020 e aveva coinvolto anche le più grandi comunità Sikh oltre i propri confini nazionali, compresa quella italiana che a Fanpage.it, tramite il portavoce Jorawar Singh, aveva spiegato: “Questa riforma è arrivata senza il coinvolgimento di sindacati e rappresentanti dei lavoratori agricoli e permetterà alle grandi multinazionali di comprare i terreni dagli agricoltori, i quali, se dovessero trovarsi in situazioni di debito, non lo saranno più nei confronti dello Stato, ma verso delle multinazionali che ovviamente funzionano in modo diverso”. Non solo. Con la riforma, aveva sottolineato ancora Singh, “non è neanche più garantito il prezzo minimo statale che consente la sopravvivenza degli agricoltori anche nei momenti bui”.
Lo stesso rappresentante in Italia della comunità, residente a Piacenza, oggi commenta: “Le parole del primo ministro, che si spera diventino fatti, rappresentano una grande vittoria per tutti i contadini che si sono messi in prima linea da 11 mesi a questa parte per lottare e fare una protesta pacifica, in cui però hanno anche perso la vita oltre 700 persone, oggi rinominati come martiri perché hanno combattuto per qualcosa di più grande di loro. Qualcosa che andava oltre il proprio interesse personale, anche perché la maggior parte di loro era gente avanti con l’età e ormai non faceva più il contadino, ma ciononostante si è preoccupato del futuro delle prossime generazioni”.
Le leggi in questione erano state approvate a settembre del 2020 e il governo le aveva difese definendole necessarie per modernizzare il settore e spingere la produzione tramite investimenti privati. Ma gli agricoltori hanno fin da subito protestato duramente, sostenendo che invece le riforme avrebbero devastato i loro guadagni, protestando a oltranza, nonostante la pandemia e i diversi episodi che hanno rischiato di far degenerare la loro battaglia in gravi violenze, riuscendo anche a intavolare delle trattative col governo. Peccato che gli oltre quindici incontri con le delegazioni di agricoltori non abbiano mai portato a nulla, almeno fino ai giorni scorsi. Le richieste non negoziabili dei contadini, con milioni di persone per le strade delle principali città del Paese, avevano portato ad inizio estate ad un intervento persino della Corte Suprema indiana, intervenuta nella vicenda con uno stop momentaneo all’applicazione delle riforme, cui ha fatto quindi seguito l’annuncio di Modi in diretta tv. Un annuncio accolto con grande festa anche dagli esponenti politici più vicini ai manifestanti, come Arvind Kejriwal, il governatore di Delhi, che ha ad esempio accolto la novità come “una vittoria della democrazia, non solo dei contadini”. Dal canto suo, il primo ministro, spiegando che la scelta della revoca delle leggi è arrivata perché il suo governo “non è stato in grado di convincere i contadini”, ha inoltre annunciato la creazione di un comitato che includerà rappresentanti del governo centrale, di quelli di vari Stati, delle organizzazioni dei contadini, di agronomi ed esperti economici per concordare le prossime decisioni e per rendere il prezzo minimo garantito per i prodotti agricoli “una misura più efficace e trasparente”.
“Siamo tutti molto felici – dice ancora Jorawar Singh-. È una grande vittoria anche per le comunità indiane e Sikh all’estero, che non hanno mai smesso di seguire la vicenda, nonostante le condizioni di un periodo storico così difficile, che impediva a chiunque di andare lì e unirsi ai manifestanti. Da parte mia, ciò che vorrei sottolineare è proprio il fatto che questa protesta non è mai stata trascurata anche da chi non è contadino, cercando per un anno di tenerne alta l’attenzione, anche grazie ai social. È la dimostrazione che l’unione fa la forza”. Alcuni in patria, però, nutrono ancora delle perplessità sulla questione, sostenendo che la decisione di revocare le riforme sia legata alle imminenti elezioni negli stati dell’Uttar Pradesh e del Punjab, dove gli agricoltori sono buona parte del bacino di elettori e dove le organizzazioni agricole hanno grande potere e influenza. Alcuni leader delle proteste, infatti, hanno fatto sapere che non smetteranno di manifestare. E uno di loro, Rikesh Tikait, come riporta il The Guardian, ha annunciato che comunque gli agricoltori non si sposteranno dai loro accampamenti fino a quando le leggi non saranno state ritirate definitivamente, dopo le discussioni in Parlamento.