A maggio dello scorso anno, a conclusione di un’aggressione violenta quanto interminabile da parte dell’avanzata israeliana che ingurgita, insaziabile, il territorio palestinese, la Corte Suprema ha stabilito che l’esercito poteva demolire una decina di villaggi ed espellere le 1300 persone – tantissimi, come sempre, i bambini – che ancora resistono a un assedio che ne ha già costrette alla fuga molte altre centinaia.
Quella terra, dicono le istituzioni occupanti, serve a esercitare il tiro. Non stiamo parlando di sport, naturalmente, ma di tiro a bersagli umani, quelli di sempre. La drammatica storia di MasaferYatta – dove con i palestinesi aiutano a resistere i volontari dell’Operazione Colomba, B’Tselem e anche un piccolo gruppo di donne israeliane, le attiviste di Machsom Watch – è lunga e tremenda. Comincia addirittura, con l’indimenticabile Ariel Sharon, allora solo ministro dell’agricoltura, che sostiene che tanto quei pastori sono nomadi e vivono nelle caverne. Non avrebbe dovuto esser poi tanto difficile spazzarli via.
Una quarantina d’anni dopo, quei “nomadi” stanno arrivando perfino in Italia. Vengono a raccontarla in prima persona, quella incredibile storia, in un prezioso ciclo di conferenze promosso dall’Assopace che Luisa Morgantini spiega in questa bella intervista raccolta da Pas Liguori.
Comincia il 13 marzo a Roma e poi prosegue a Bologna, Firenze, Parma, Ponte in Valtellina, Torino e Milano