Non ho fede nell’alto dei cieli, ma conosco piccole fedi in terra. Una di queste insiste che nessuno sangue versato è stato e va sprecato: da quello di Abele fino all’ultimo che sempre chiede di essere l’ultimo.Nessuna vita uccisa si perde muta e scompare nella polvere.
È scritto: “Voce dei sangui di tuo fratello sono gridanti verso di me dal suolo”. Lo dice la divinità a Caino, primo degli assassini. Il verbo sta al participio presente, “sono gridanti”, perchè quei sangui gridano e continuano a gridare, all’infinito e a oltranza.
Quella storia racconta pure che assassino e vittima sono fratelli, perchè di questa parentela biologica stringente è fatta l’umanità.
Credo nella desolazione di Caino, nella sua espulsione da ogni focolare, credo nella sua insonnia che non è frutto di recinti e sbarre, ma grido che lo accompagna ovunque.
Credo ai sangui di Abele, alla loro formula chimica che arrossa il mondo e lo denuncia.Credo alla terra che non può assorbirli perchè non può nasconderne la voce. Nel suo libro sacro Giobbe grida: “Terra non coprirai il mio sangue e non ci sarà luogo per il mio grido”: nessun luogo basterà a contenerlo.
Giobbe, rispettato e ricco, perde tutti i suoi beni, i figli e la salute. Sua moglie disperata gli dice di maledire la divinità e morire. Lui non maledice, però chiede conto del suo dolore a quella divinità. Dal fondo della pena e delle piaghe sventola puzzolente il suo “perché?”. In lui resiste l’ostinata richiesta di giustizia. Senza di quella non c’è pace dentro una persona e non ce n’è dentro una comunità. Giustizia, contrappeso di torto e ragione, misura di equità, è la premessa di ogni convivenza. Ci vuole garanzia che nessun vantaggio venga da una prepotenza. Che il sangue fatto versare dalle mafie sia senza profitto per loro e indelebile per noi. Che il nome dei mafiosi sia vergogna, e sia permesso ai figli di ripudiarlo e cambiarlo. Che le celle in cui scontano condanna siano ricoperte di immagini delle persone uccise da loro, che penetrino fin dentro i loro sonni.
Credo a queste fedi terrestri e credo nel risarcimento di Giobbe, scritto in fondo al suo libro.
Confesso di essere simpatizzante del Vecchio Testamento perché, come lei afferma saggiamente, non c’è equità senza giustizia e le responsabilità non si possono liquidare con un generico perdono, altrimenti il famoso: “perché”? Si dilata fino ad includere tutta la nostra vita e diventa frustrazione dilaniante.