Laura Fantozzi - Il femminile, semplice e luminosa radice di una società che non esclude


Lo sguardo delle donne.

Occhi neri e onde di ricci,
una danza di ciglia e sopracciglia
che scivola nella lenta calura di un’estate
africana Lo sguardo delle donne. Occhi castani e
foulars colorati. Orgogliose sfumature d’oriente
condensano in varchi immobili e luminosi gli abissi di ogni anima.

Occhi verdi che saltellano in un caschetto alla francese
Occhi blu che ravvivano pallidi incarnati
Occhi grigi che riflettono un orizzonte.

Gli sguardi delle donne
sono occhi che pronunciano l’Infinito
Segni di Accoglienza,
Abbracci interi e abbracci spezzati,
Presenze che si condensano in un silenzio,
Presenze che si sciolgono in una parola.

Gli sguardi delle donne
sono occhi senza Tempo,
sono occhi senza Misura.

Gli occhi delle donne esprimono l’infinito Amore di Dio perché la donna ama come ama Dio. E l’essenza del femminile si esplica in questa somiglianza ontologica con il Principio Divino, un amore incondizionato, senza misura, soffio vitale che mai smette di palpitare, ma si tramuta e trasmuta col passare del tempo e dei luoghi. Per suor Mariateresa Ratti, direttrice del mensile Combonifem -www.combonifem.it- la donna accoglie perché sente che parte della propria identità si esplica nella relazione. E in questo si rivela vicina all’identità dialogica di Dio, una Trinità contraddistinta dallo scambio. “Io sono perché noi siamo -ricorda Mariateresa- e ciascuno ha bisogno di un Altro per essere se stesso. Siamo tutti frammenti di un Intero, del Divino e le donne questo lo sentono istintivamente, senza bisogno di spiegazioni. E’ uno strumento percettivo condensato nella coppia cromosomica femminile XX”.

La donna e quindi margine tra Dio e il mondo, confine dove la differenza tra finito e infinito si esprime in dialogo, si esplica nell’inclusione. “Non a caso l’inclusione è stata ed è uno degli obiettivi principali del movimento femminile, spiega Monica Lanfranco, direttrice del trimestrale Marea e autrice del libro Letteralmente femminile. Il femminismo è stato uno dei pochi movimenti non violenti e al contempo rivoluzionari, le donne non hanno rivendicato solo i propri diritti ma hanno lottato e lottano per diritti di tutta la società. Partendo dalle categorie emarginate e portando risultati concreti per tutti. Il miglioramento della condizione femminile produce anche una positiva trasformazione nelle realtà locali, nelle condizioni di vita delle nuove generazioni e più in generale un rispetto profondo dell’ambiente. Anche perché il principio femminile si identifica con la riproduzione, con il ridare vita, mentre quello maschile con la produttività”.
Dall’Africa all’America Latina all’Asia, tutti i programmi di sviluppo e cooperazione degli ultimi venti anni hanno previsto un’attenzione particolare al miglioramento delle condizioni femminili. “La capacità di prendersi cura della famiglia e del proprio villaggio si accompagna con affidabilità e serietà, riprende Ratti. Per questo molti progetti di microcredito prevedono condizioni favorevoli di prestito alle donne, considerate più responsabili e organizzate degli uomini. Nel contesto africano, quello che conosco per esperienza missionaria di diretta, la donna è presenza continua nella vita della famiglia e della comunità, lavoratrice instancabile che alle cinque della mattina si alza e cammina fino alla prima fonte di acqua, e alle undici la sera si siede per terminare alcuni oggetti di artigianato da poter vendere al mercato. La dignità della donna passa dal riconoscimento del suo ruolo centrale all’interno di ogni comunità, in ogni continente. Sottovalutato per secoli il principio femminile è invece radice dell’esistente al pari di quello maschile, che sino ad oggi è stato preso a modello nello sviluppo economico ed anche religioso della maggior parte delle nazioni. Per questo motivo una nuova dignità della donna e correlata anche ad una differente concezione di Dio. Il principio Divino è al contempo Padre e Madre, una-un Lei-Lui che contiene e riassume l’essenza del femminile e del maschile, unite in un Uno da cui i due suddetti principi provengono”.

La donna è stata spesso paragonata al Sole, stella che garantisce l’esistenza di tutte le specie viventi del nostro Pianeta, il veicolo principale con cui Dio si manifesta. Le stesse entità create si possono considerare come corpi contraddistinti tra loro da una diversa densità di luce. “La donna -riprende Mariateresa Ratti- è il riflesso del Sole sulla Terra, capace di creare spazio di accoglienza nel proprio grembo cosi come nella vita di tutti i giorni. E non mi riferisco solo alla maternità, ma ai luoghi di avvicinamento e accoglienza che la donna sa concepire, abbracci che riscaldano, lasciando al contempo spazio all’ affermazione e alla realizzazione personale. Come Dio e il Sole sono Calore Puro e Fonte di Vita, così la donna può essere considerata Olio di Accoglienza e Ponte di Riconciliazione e Vita per interi popoli”.

Noi tutti, uomini e donne siamo, alla fine, dei ripetitori della Luce del Sole e traduciamo questa Luce Divina in modo unico nella nostra esistenza, di singoli individui e di comunità. Più trasparenti, più pulite saranno le nostre anime, piu semplice ed efficace sarà il passaggio di questa stessa Luce. Anche secondo l’antica scienza della Kabbalah il maschile e il femminile sono Vasi creati dalla Luce del Creatore, ontologicamente realizzati per accogliere la Sua Luce, e, a propria volta, per ri-donarla, riavvicinandosi così al modus operandi del Divino.

Sia a livello spirituale che nella vita concreta, quotidiana, il cammino verso una piena consapevolezza della propria identità, di uomini e donne, passa attraverso il riconoscimento e la promozione della troppo spesso dimenticata valore del principio femminile. Che a tutti gli effetti e uno degli assi portanti della realtà, e quindi e presente sia negli uomini che nelle donne. “Occorre formare all’identità di genere, attraverso un’alfabetizzazione corporale fatta fuori e dentro le scuole, sottolinea ancora la Lanfranco. Dobbiamo spiegare chi siamo, donne e uomini, le caratteristiche dei nostri corpi, le modalità di agire delle nostre anime e delle nostre menti. La coscienza della nostra intrinseca differenza porta ad un conflitto creativo, che non si identifica con una guerra tra generi, bensì con un a discussione in cui nessuno soccombe, un dialogo in cui si scambiano idee. Soprattutto con i più giovani questo è il momento di riproporre una seria educazione sessuale, che parta dalla soggettività del corpo e delle emozioni, che presenti il fisico umano in tutta la sua dignità, centro di emozioni, di gioie, oltre che di dolori, di antagonismi, di rivalità”.
Ma una piena cittadinanza di genere, intesa come identità, come consapevolezza del proprio corpo e dell’interezza del proprio essere donne e uomini, oggi come ieri, oggi come domani, resta ancora un obiettivo da raggiungere. “I corpi contano -conclude la giornalista- sono lo strumento con cui decliniamo il nostro stare in società, con cui ci confrontiamo ed esprimiamo le emozioni. La nostra mente e la nostra anima vivono nel corpo, vivono il corpo e la relazione tra i corpi”.

Per questo motivo parlare di cittadinanza di genere significa rilanciare il valore del dialogo. Il principio maschile, in questo momento storico, si trova a dover affrontare un percorso nuovo, un cammino che porta all’accoglienza, all’incontro, e, soprattutto alla consapevolezza dell’esistenza un altro principio, il femminile, diverso e non omologabile. Il dialogo è quindi una scelta etica che porta al confronto e all’accoglienza. Il principio maschile su cui per secoli si e radicata la società patriarcale, una concezione di sviluppo come produzione, di politica come potere, può trovare punti di conciliazione e crescita comune con il principio femminile, basi comuni con cui potremo rimodellare le società del prossimo futuro.