Editoriale del numero 85
Forse sarebbe ora che a Sinistra la si smettesse davvero con la smania di guardare oltre. Forse sarebbe il momento di ritornare a guardare in basso, dove si mettono i piedi. Forse sarebbe bene cominciare a pensare che vale molto di più l’incontro con la gente. Capire che l’altro è parte fondamentale della nostra vita, della nostra crescita, del nostro sentirsi parte attiva e creativa della società. Forse questa è la risposta reale ai nostri bisogni.
Pochi giorni fa ho incontrato un vecchio amico, erano anni che non ci vedevamo. Francesco immediatamente mi ha detto: da due anni faccio volontariato, passo un giorno alla settimana in un centro di accoglienza. Ciò mi ha dato presto la possibilità di avere uno “sguardo diverso” sugli altri, su chi fa fatica. Adesso sento il bisogno di confrontarmi con realtà diverse nel loro modo di affrontare la vita, di immergermi in un mondo parallelo così diverso dal nostro eppure così vicino a noi. E’ una esperienza che mi offre un’altra prospettiva sulla realtà e mi aiuta a ridimensionare i problemi di ogni giorno. Entro in contatto con persone che, nonostante la sofferenza, conservano negli occhi grande dignità. Il loro sguardo mi infonde un grande coraggio. La Sinistra parla, spesso urla, continua divisa, non sento nessuno che chieda di regalarsi una pausa. Restando in compagnia dei propri pensieri.
So che è più difficile, ma adesso è importante, fondamentale, regalarsi una pausa di solitudine e di silenzio. Sedersi su una panchina o affacciarsi ad una finestra, cogliere il momento del mondo fuori e dentro di noi. Credo che solo facendo così possiamo ripartire. Mentre scrivo siamo alla vigilia di un’altra edizione del G8, che si svolgerà all’Aquila, la città terremotata, e quindi oggettivamente simbolo di un potere costituito che si trova a gestire un disastro. Che non è solo quello dell’Abruzzo, perchè ha prostrato tutto il pianeta e dovrebbe quindi interpellare tutti i popoli. Possono i soliti potenti, responsabili dell’attuale crisi e dell’attuale stato del mondo, essere medici di se stessi? Possono i soliti economisti che non hanno nemmeno previsto la crisi essere gli stessi che indicano le strategie per uscire dalla crisi stessa? Queste non sono domande stupide!
E’ recente, dell’aprile scorso a Londra, il fallimento del G20, ossia il G8 allargato ad alcune potenze emergenti. Alcuni eminenti esponenti del Forum mondiale sociale alla fine del Forum hanno affermato: se i medici che hanno in cura il mondo sono gli stessi che lo hanno fatto ammalare, non si possono certo nutrire grandi aspettative sulle nuove terapie. Miguel D’Escoto, attuale presidente dell’assemblea generale dell’Onu, numeri alla mano ha affermato: se è vero che la crisi è mondiale, non basta un G8 o un G20, ma ci vorrebbe un G192, cioè un vertice di tutti i Paesi. La libertà politica non può essere ridotta solamente all’appartenenza ad un determinato territorio.
Urge la presa in considerazione della situazione globale. Infine, per restare in Italia, l’attuale presidente del consiglio continua a ripetere che per uscire dalla crisi bisogna consumare come e più di prima, ignorando volutamente che molti sentono sulla propria pelle la crisi, proprio perchè non hanno i mezzi risorse per acquistare nemmeno il necessario. Si ha un bel dire: consumate, consumate! E dove va a finire la proposta di sobrietà che da anni viene fatta dai movimenti, dal mondo cattolico progressista, dal mondo della solidarietà e dal mondo accademico degli economisti alternativi? Mentre è passato sotto silenzio dei mass media e dei politici la proposta militarista del governo. Sono state sufficenti solo quattro ore di discussione nella Commissione Difesa di Camera e Senato per definire l’acquisto da parte dell’Italia di 131 cacciabombardieri F15.
Ogni cacciabombardiere costerà 100 milioni di euro. Di conseguenza l’intero progetto costerà al Paese quasi 15 miliardi di euro. Una vergogna, nonostante il ministro della difesa La Russa l’abbia magnificata come eccellente opportunità per uscire dalla crisi, perchè garantirebbe una crescita occupazionale.
La vera posta politica in gioco è uscire dalla crisi. Ma bisogna che ne escano tutti, sì, anche i Paesi che ne soffrono di più di noi da sempre. Oggi l’urgenza è mettersi in relazione invece che separarsi, creando socialità e condivisione. Urge tornare alla leggerezza, al sogno, all’ironia, alla ricerca di un rapporto empatico, sensoriale, fisico con la vita. Spogliandosi di tutto ciò che non è indispensabile, sovrastrutture e condizionamenti di questa nostra società.
A piedi nudi nella natura...