Bagnasco apre la cattedrale, ma per gli operai non c’è spazio - di Paolo Farinella, prete

Il cardinale Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova ha avuto una bella idea con l’iniziativa «Cattedrale Aperta», un programma di tre incontri a cavallo di due anni (autunno-inverno) con i quali si raggiungono due obiettivi di sicuro: aprire la Cattedrale di sera, riempiendola con un migliaio di persone (cosa non facile a Genova) e fare riflettere su temi discussi e non banali (Esistenza di Dio e le questioni inerenti, Etica, Laicità, Libertà e VeritàWinking che attirano uomini e donne del nostro tempo, asfittico e superficiale. L’idea in verità non è nuova perché da oltre 20 anni a Milano il cardinale Carlo Maria Martini aveva istituito la «Cattedra dei non credenti» dalla quale ci confrontavano modi diversi di intendere, di riflettere e di vivere: il credente e l’ateo, l’etica cristiana e quella laica, ecc.). A Milano vi era confronto, ricerca per capire, spazio per i dubbi. A Genova no. Vediamo perché.
«Cattedrale» deriva da «cattedra» che è il seggio, la sede da cui il vescovo esercita il suo magistero di maestro, sacerdote e pastore. E’ il luogo solenne che mette in evidenza l’autorità sottolineandone l’importanza. Non è un seggio qualunque da cui chiunque può parlare perché per il suo simbolismo deve essere immune da qualsiasi contraffazione e falsità. Chi accede alla «Cattedra/Cattedrale» deve avere lo spirito umile di essere servitore di una Verità che nessuno possiede, ma che tutti cercano con passione perché nessuno ne può essere proprietario. Il 21 gennaio 2009, per la serata dedicata a «Laicità e libertà religiosa» il cardinale Bagnasco non trova di meglio che invitare Maurizio Belpietro, direttore di Panorama ancora per poco perché ad agosto dello stesso anno diventa direttore di  «Libero» e inizia il mitragliamento contro  «Avvenire», il giornale della Cei di cui  Bagnasco è presidente. Bel colpo, eminenza! Mercoledì 25 novembre 2009 per la serata sul tema «Etica laica ed etica religiosa», un invitato di riguardo è Giuliano Ferrara, già ministro di Berlusconi, uomo dalla facile invettiva, uomo per ogni stagione, già comunista e approdato al berlusconismo feroce, passando per tutte le gradazioni di colore politico. Non c’è che dire quanto a coerenza, etica e rigurgito politico.
Tutto ciò è nulla di fronte al programma 2010-2011 che l’11 febbraio 2011 prevede una doppia mandata: a parlare di «Caritas in veritate» (enciclica di Benedetto XVI sull’etica dello sviluppo – 2009) sono invitati due calibri, due campioni di moralità pubblica e finanziaria come Ettore Gotti Tedeschi nuovo presidente dello IOR e Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria. Il primo dirige la banca vaticana, che dalla sua creazione (Pio XII) ad oggi è al centro di tutti gli scandali finanziari internazionali, conditi con omicidi e malavita organizzata; è inoltre indagato personalmente per riciclaggio di denaro quanto meno illecito. Ci vuole stomaco perché uno così non solo rappresenti il papa, ma venga a parlare anche di moralità negli affari sociali. Straordinario! La seconda, la Emma per gli amici, proviene da una famiglia che ha patteggiato 500 mila euro di multa e 250 mila di confisca per una tangente di oltre un milione di euro (Eni Power, anno 2003) più un altro patteggiamento di 500 mila euro e oltre 5 milioni di confisca per una sua controllata. Attualmente la «signora» è sotto indagine delle autorità svizzere per conti correnti esteri. Credo che abbiano molto da dire quanto a moralità «nel sociale». Ciò però che più meraviglia in tutto questo sferragliare di etiche confindustriali e vaticane, è il fatto che non si sente nemmeno il bisogno di chiedere ad un solo rappresentante degli operai di riferire il loro pensiero sull’etica della vita precaria e senza lavoro; forse perché agli operai è riservato il diritto di dire alla fine sempre e solo: «Amen!». La Cattedrale è aperta!